Il punto del Direttore

 

 

 

Stiamo assistendo ad una perdita di significato sul senso del vivere ora polverizzato da un mare di opinioni personali ormai giunte a dominare ogni forma di dibattito.
Come è possibile trattare della sostenibilità prescindendo dall’idea di persona e del suo vivere sociale? Siamo pervasi da idee, proposte, immagini, opinioni politiche talmente contrastanti, che si fatica anche solo ad immaginare di inserire il tema dello sviluppo sostenibile, perché non si ha più nemmeno l’immagine di società che si vuole costruire.

Tra l’indifferenza che taglia a pezzi ogni vero impulso umanitario, al degrado giunto a livelli mai visti, fino alla sofferenza delle persone in ogni parte del mondo, è morta la pretesa di dare la propria soluzione ai problemi.
La politica misura i propri fallimenti. Non solo in Italia, ovunque.
Si è rotto il nesso tra persona e lo sviluppo.
La sua dissoluzione è innanzi tutto culturale.
Come è possibile che durante l’ultima guerra mondiale si facevano figli più di oggi?
Cosa c’era di più terribile per il futuro dei neonati che l’esistenza stessa della morte per la guerra?
La verità è da trovare nella attuale cultura dominante.
Infatti sono inutili i provvedimenti incentivanti la natalità, senza un cambio di mentalità delle persone, che culturalmente oggi non hanno grandi ragioni per fare figli. Hanno persino paura di fare il passo matrimoniale!

In un clima in cui sono deflagrati i riferimenti di coesione sociale viene da chiedersi: che spazio ha culturalmente la sostenibilità?
Il dato che emerge guarda tanti tentativi di miglioramento: molti operano per migliorare la vita, ma ciascuno opera secondo la propria idea di bene comune per se stesso e/o per gli stakeholders di riferimento.
Il collante sociale è invece rappresentato dal valore che si dà alla persona, alla vita, alla società, al territorio, alla comunità locale e persino a tutte gli uomini.
Questo valore oggi non è più comune.

In questo momento di ripresa della vita economica e sociale quale è l’immagine di società cui aspiriamo?
Ognuno si porta dentro la sua.
Questo è il vero problema esistenziale?

La grande Torre di Babele dove nessuno è veramente protagonista, dove ciascuno cerca il proprio salvatore, c’è qualcuno che possa darci la felicità, o che ci lasci fare… ciò che vogliamo, perché ciascuno la possa costruire personalmente magari con l’aiuto di alcuni?

Ci sono le Leggi, la Costituzione, gli Enti Sovranazionali, ma abbiamo visto che da essi non giunge quello che cerchiamo per cui vale la pena vivere. Le interpretazioni personali svuotano il loro valore.
Quanti Bilanci Sociali bisognerà fare per indicare i propri indirizzi, le realizzazioni, le ragioni, ed i valori perseguiti per scoprire che le ragioni di fondo sono comuni A TUTTI.
Ci sono persone che hanno manifestato, oggi e nel tempo, la propria capacità profetica, che hanno suscitato speranze condivisibili.
Senza affermazioni di valore, anche assoluto, è difficile che il tessuto sociale sappia ricostruire un territorio, una comunità di persone, con speranze e certezze nel vivere.

Quale è il valore Comune?
E’ una domanda la cui risposta è veramente difficile da dare oggi.
Ciascuno ha la sua idea: i più intellettuali pescano la risposta nell’ideologia, i più saggi nello sguardo al presente per cogliere il senso del reale e al passato per avere conferme.
Saranno le misurazioni d’Impatto sul fare innovazioni sostenibili che diranno se la cosa vale e accresce la consapevolezza del bene comune.Tante misurazioni d’impatto quante sono le pretese di soluzioni applicate da tutti i soggetti. Una azione utile per correggere e correggersi.
In una società disgregata, liquida, il valore si imporrà perché le persone, molto spesso, sanno riconoscere il bene comune dentro la realtà.

Bruno Calchera
Direttore CSROGGI

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