Si può fare impresa agendo eticamente ed essere etici senza rinunciare al profitto. È l’ossimoro delle Società Benefit. Figlie del movimento B-Corps, le Benefit sono state introdotte in Italia dalla Legge di Stabilità 2016; si tratta di un’avanguardia italiana, trattandosi della prima legislazione europea sul tema.

Sinteticamente, sono Benefit quelle società che consentono all’imprenditore di perseguire, oltre alla remunerazione del capitale investito, anche finalità di beneficio comune operando in modo responsabile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.

Il fenomeno ha destato un significativo interesse tra gli studiosi del diritto commerciale ed anche importanti realtà hanno deciso di adottare tale modello societario quale proprio tipo organizzativo.

Una ricerca pubblicata da ALTIS nel giugno 2018 rivela che, a due anni dall’entrata in vigore della normativa, le Società Benefit sono circa 170.

Tra queste, il 55% è attivo nella fornitura di servizi e consulenze, il 24% nel settore della produzione, il 12% nei settori sociali e sanitari, il 9% al settore bancario/finanziario/assicurativo.

Geograficamente, quasi la metà delle Società Benefit è stata costituita in Lombardia.

Da un punto di vista dimensionale, il 52% ha meno di dieci dipendenti mentre il 63% fattura meno di € 2.000.000,00 all’anno.

Si tratta dunque di un fenomeno ancora di nicchia, che sembra avere attecchito solo presso una elite imprenditoriale.

Un’occasione da cogliere

Le ragioni della mancata esplosione del fenomeno sono sicuramente molteplici.

Possono essere annoverate, certamente, la poca conoscenza del modello societario tra il pubblico degli operatori, la contiguità di modelli imprenditoriali non profit (come le imprese sociali e gli enti del terzo settore), l’assenza di benefici normativi o fiscali.

L’auspicio è che il modello delle Società Benefit riesca comunque a superare tali ostacoli e possa imporsi come uno dei pilastri della nuova politica economica italiana ed europea orientata alla responsabilità sociale di impresa.

Anche la presa di consapevolezza della flessibilità del modello, potrà contribuire al suo successo.

A tal proposito, va rilevato che l’ampliamento dell’oggetto sociale per ricomprendervi finalità di beneficio comune riverbera sulla struttura organizzativa dell’ente.

La stessa legge istitutiva dispone infatti che “la società benefit” sia “amministrata in modo da bilanciare l’interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune”, richiedendo che, a livello organizzativo, sia individuato “il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle suddette finalità”.

Al riguardo, la ricerca di ALTIS evidenzia che le Società Benefit hanno individuato il responsabile del beneficio comune, nel direttore generale per il 12,73% dei casi, in un socio nel 9,09%, nell’amministratore delegato per l’1,82%, in un membro del Cda per il 45,45%; circa il 30% delle società lo ha individuato invece nel titolare di una specifica funzione aziendale.

Prevalentemente, si tratta quindi di soggetti legati al consiglio di amministrazione e scelti dai soci.

Sotto tale profilo, le Società Benefit non hanno però forse colto del tutto l’opportunità offerta dalla legge; infatti, pare possibile che gli statuti prevedano che la nomina del responsabile del raggiungimento del beneficio comune sia effettuata dalle categorie di soggetti “beneficiati” dall’attività della società o, comunque, su loro indicazione.

Per esempio, la nomina di uno o più responsabili potrebbe essere effettuata dai lavoratori della società o da associazioni di categoria di consumatori o utenti.

Si tratterebbe di una scelta di significativo “stakeholder engagement, che consentirebbe alle società benefit di differenziarsi realmente sul mercato e guadagnare, oltre che in reputazione, anche nella capacità di attrarre talenti o investitori.

(…)

Continua la lettura dell’articolo di Marco Cristiano Petrassi

 

(da 4clegal.com del 30 luglio 2018)

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