Il punto del Direttore
Recentemente (Il Sole 24 ore del 3/6/21) Alessia Maccaferri ha dato una sveglia ai tanti che in questo momento vivono una apparente euforia per tutto ciò che è innovazione tecnologica e un trend inarrestabile verso l’”elettrico” nella mobilità e genericamente verso le trasformazioni energetiche.
“Il 57% delle aziende ignora l’impatto ambientale delle proprie tecnologie”
“Rifiuti elettronici, data center, architetture software: Capgemini individua i punti deboli dell’It e le azioni da intraprendere usando piani strategici e Ia”.
Siamo nel tempo in cui l’ambiente e la sua salvaguardia sono richiamati.
C’è una sensibilità verso la raccolta dei rifiuti, che è cresciuta nel tempo e che diventa iniziativa professionale, inventività e anche spunto per un volontariato attivo.
Le immagini alla TV oggi si sprecano: si vede più di una corsa verso la raccolta dei rifiuti nei mari, la pulizia nei boschi, giovani ed adulti che aiutati da insegnanti ripuliscono pezzi di territorio.
La distrazione, l’istintivo disinteresse per ciò che è nostro, ma che deve essere posto alla disponibilità dei nostri figli è ciò che ha creato una situazione che pare incapace di autoregolamentarsi. Ora c’è l’orologio del pianeta.
Dentro questo processo c’è tutta la nostra storia industriale e le invenzioni dell’ultimo secolo.
Sono state invenzioni positive e utili che hanno voluto rendere la vita degli uomini più buona; purtroppo la mentalità è stata quella di innovare nella impossibilità di misurare gli impatti futuri, senza un pensiero critico sui danni al pianeta e alla vita comune.
Oggi si si cerca di cambiare. Anzi si opera perché il cambiamento sia il più rapido possibile.
La tecnologia sembra la ”fata turchina” che trasforma una esigenza in una possibilità a portata di mano. Veloce e con risultati inimmaginabili solo pochi anni fa.
Il digitale: chi oggi lo vede con un problema?
L’ubriacatura, ed è giusto che sia così, verso l’innovazione sostenibile è all’apice di ogni trasformazione industriale seria. Sono pochi quelli che resistono o che non capiscono che il tempo di fare le cose come prima è passato.
Vi sono generazioni di imprenditori che hanno scelto di incamminarsi nella strada della rendicontazione, della sostenibilità e della consapevolezza e pertanto hanno immaginato un cambiamento generale, strutturale, di lunga visione.
Ma al palo vi sono molte aziende: che non muovono la sostanza ultima di una trasformazione consapevole per migliorarsi.
La sostenibilità vive di lungimiranza, di valori e di capacità di cogliere l’opportunità di mercato.
Il rischio imprenditoriale non viene meno tenendo le cose al freno.
Ma il nuovo non è senza rischi. Il nuovo va compreso nei dettagli, misurato, e alla fine programmato e condiviso. L’imprenditore consapevole è quello che legge il tempo.
Il digitale è la soluzione. Certamente sì. Il Digitale è anche un problema? Un altro sì.
L’articolo de Il Sole 24 Ore che obiettivamente è scioccante offre un numero: 56,3 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici generati nel 2019, con un aumento del 21% in 5 anni, che non hanno una strada maestra per la loro gestione finale o per allacciare quello che più si cerca: il riuso o la trasformazione.
Il tema dei rifiuti non è risolto. I rifiuti ci saranno sempre, e ci sono stati sempre.
Non è solo il frutto di generazioni non educate al rispetto altrui, e nemmeno di imprenditori assatanati di guadagno a generare rifiuti.
Ieri il boom dell’Eternit, il fascino delle Centrali Nucleari, la divinazione della Plastica che funziona dappertutto.
Oggi sono le batterie delle auto a creare problemi, gli strumenti della elettronica di consumo, il digitale ed i nuovi sistemi di produzione energetica, il petrolio ed il carbone, il CO2 che cresce sempre più…
“Capgemini ci dice che su mille organizzazioni a livello mondiale nei principali settori economici, l’89% ricicla meno del 10% del proprio hardware It. Il 57% degli intervistati è ignaro dell’impronta di carbonio dell’It della propria azienda.” Ancora interessante l’altro indice di mercato:” il settore bancario e quello dei prodotti di largo consumo presentano i livelli più alti, il 52% mentre il settore della produzione industriale i più bassi: il 28%.” (Il Sole 24 Ore – 3 Giugno 2021).
La domanda: stiamo facendo gli stessi errori dei nostri antenati?
L’io di ciascuno non potrà accontentarsi di rispostine a domande grandi ed infinite che ci sono.
I consigli della Tv, degli spot, dei Social o quelli degli opinionisti del momento innalzati sugli altari da infiniti Like sono davvero importanti per una conclusione?
Che valore ha la persona? Quali sono i passi utili per cambiare veramente? Che senso ha il vivere per costruire oggi?
Una questione che la politica non può risolvere. Ne può lo Stato padrone.
E’ la rinascita culturale di uomini che con valori condivisi iniziano ad abbandonare la Torre di Babele e a mettersi insieme per un bene riconosciuto e vivo.
Gruppi di persone attente alla realtà, che intraprendono un cammino e si collegano e che trasformano il deserto della barbarie sociale in ambiti sociali vivibili e condivisi.
Utopia? Proprio no. La storia lo insegna.
Bruno Calchera
Direttore Responsabile