Il punto di Bruno Calchera
Le PMI quotate e non quotate hanno a che fare con la Sostenibilità e con le Direttive che giungono dall’UE e che vengono recepite dal nostro sistema giuridico, pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale Europea il 16 Dicembre 2022. E’ il caso della Direttiva Europea: Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) che entrata in vigore il 5 Gennaio 2023 verrà recepita dagli stati membri entro il 6 Luglio 2024. Essa è riferita anche alle piccole e medie imprese – appunto le PMI – che dovranno attrezzarsi, (previste sanzioni) dal 1° gennaio del 2026.
Il tema che tocca principalmente le PMI è quella della “difficoltà legata alla responsabilità dei dati ESG, dovuta alla carenza/assenza di competenze e di personale e di personale qualificato in materia di sostenibilità di cui dispongono le PMI. Le aziende dovranno valutare se sviluppare internamente le competenze o acquisirle esternamente (tramite consulenze o nuove assunzioni). Una ulteriore sfida per l’azienda connessa all’assenza di competenze è la mancanza di consapevolezza e la carenza di formazione specifica in materia di sostenibilità.” (www.bilanciarsi.it).
E ancora. “la frammentazione del mercato. Anche per chi è consapevole del miglioramento che la formazione dei lavoratori può generare per l’impresa, capire quali siano le migliori competenze su cui puntare e come farlo, per chi e con quali risorse, è una specie di incubo. Spesso l’imprenditore desiste dall’intraprendere progetti legati all’apprendimento per la complessità di reperire informazioni e referenti adeguati alle specifiche esigenze. E ci sono, inoltre, molteplici fondi e agevolazioni economiche cui attingere che spesso non vengono utilizzati – nel numero in distribuzione di CSROGGI l’Università Cattolica ne parla diffusamente. E’ un problema enorme.” (Gianni Rusconi, Il Sole 24 Ore).
Prima di procedere nell’approfondimento del tema in argomento, registro, proprio sul tema del “fattore umano”, la triste intervista di Luciano Benetton al Corriere della Sera di del 25 Maggio 2024, che si è assunto ogni responsabilità nell’aver lasciato gestire l’azienda “Edizione” a manager che (si evince dall’intervista) non lo hanno informato tempestivamente dell’andamento negativo della sua azienda.
Il sistema delle PMI è decisamente il più importante nell’economia del nostro paese.
Senza smentita possiamo affermare che “l‘intelaiatura delle PMI italiane forma il nocciolo duro del PIL e del Sistema Italia “. Ogni settore della grande industria, vive e sopravvive attivando una o più realtà di medie o piccole imprese. Non è il caso di elencare i settori, sono spesso sulle prime pagine dei giornali e dei servizi TV. Non c’è solo la moda o il settore alimentare – i più citati – ad esempio la grande industria metalmeccanica, se non vuole sparire del tutto, ha la necessità di dotarsi del lavoro con stakeholders vicini vive e affidabili per la loro competenza.
C’è poi nelle PMI (quotate e non quotate) una misura diversa di capacità economica e di impiego di risorse umane. Non è così semplice, ad esempio, trattare l’ingresso di nuove risorse umane o attivare consulenza qualificate. Soprattutto qualificate nello specifico settore.
Si giunge al grande tema, che pare assente nelle opinioni di chi tratta della competenza. La domanda che pongo – dopo un gradito incontro con un General Manager di una grande e ben attrezzata PMI – è questa: la formazione dei giovani che si affacciano al lavoro di quale competenza sono portatori? E’ possibile che una realtà industriale o artigianale trovi immediatamente una risorsa umana facilmente disponibile ad una formazione specifica – è evidente la necessità di questo passo! Il problema attuale non sta in una competenza da acquisire, ma di una persona disponibile a sacrificarsi per conseguirla!
Gli impedimenti: una scarsa disponibilità a radicare la propria attenzione su particolari anche complessi, trova in molte occasioni una indisponibilità all’approfondimento, una scarsa passione. Spesso il pensiero di alcuni vola verso il desiderio di facili guadagni, alle occasioni poste dalla comunicazione dei Social che impegnano minor tempo e con meno difficoltà e alti guadagni. Paradossalmente emerge che la scuola non è servita a nulla.
Questo passaggio un po’ crudo sullo sviluppo fa i conti con la difficoltà ormai conclamata da tutti i settori dell’Economia di reperire risorse valide.
Lo sviluppo sostenibile è strettamente legato alla competenza e a coloro che con passione – almeno un pochino – si faranno carico di guardare all’impresa in cui operano con una attenzione all’innovazione, che sarà il fondamento del nuovo paradigma che è alla base della Sostenibilità come possibilità di crescita nel presente e nel futuro.
L’UE che verrà dalle prossime elezioni non potrà esimersi dal guardare in fondo la realtà dei giovani e della loro formazione e del sano desiderio di entrare in impresa, al proprio lavoro, per dare a tutti e a sé stessi un futuro di crescita. Un tempo si andava a lavorare per vivere, accettando di fare cose per cui non si era studiato. Era una realtà tipica per i neo laureati. Era la condizione per mettere su famiglia. Oggi non è così, le iper-specializzazioni universitarie, pongono uno skill professionale di livelli specifici, che spesso trovano scarsi riscontri in realtà di impresa esistenti.