Il punto di Bruno Calchera
Abbiamo ripreso il titolo della bella intervista di Nicola Saldutti a Matteo Colaninno Presidente del Gruppo Piaggio, del Corriere della sera di Sabato 20 Luglio 2024 a pag.33. Gli spunti sono parecchi.
“ Il Green Deal? E’ una grande ambizione, ma serve realismo”.
Ricordo solo il lancio del Green Deal dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nel suo discorso alla Assemblea, e gli applausi che hanno ricevuto le sue parole.
Qui Colaninno unisce due chiavi di lettura e insiste su di un punto: “la posta in gioco è massima, le elezioni europee hanno indicato spostamenti dell’asse politico ed emerge ancora di più la necessità di una Europa che rimanga unita”. E prosegue. “Cito un dato, entro il 2030 un’auto venduta su tre sarà cinese. Stiamo attraversando una transizione multipla, digitale ed ambientale, e vedo politiche aggressive di ritorno ai dazi, che rischiano di portare ad una chiusura dei mercati”.
Un primo commento a caldo: è Trump che ha iniziato a immaginare per il futuro DAZI per i prodotti cinesi, ma anche europei per preservare l’industria automobilistica americana.
Immaginiamo che non sarà unicamente l’America che si avvierà in un futuro a concepirsi autonoma rispetto a tutti i paesi occidentali. L’Europa degli Stati non c’è, al massimo c’è l’Europa delle ideologie comuni o compatibili e questo è il vero guaio: qualcuno resta fuori!
Colaninno prosegue: “E’ Mario Draghi che ha stimato in 500 miliardi di euro il gap di risorse necessarie di investimenti pubblici e privati necessari per una transizione Green. Se la UE vuole permanere tra i grandi della Terra deve guardare entrambi i lati della medaglia, la decarbonizzazione ha bisogno di investimenti e di coesione sociale. E non può essere realizzata a scapito delle imprese, ma partendo da esse.”
C’è infine una grande attenzione alla Sostenibilità sociale:” Servono strumenti di risorse pubbliche – per le politiche di coesione – bisogna considerare i rischi di Sostenibilità Sociale, tutti i paesi sono attraversati da crescenti disuguaglianze. Serve un salto culturale per cui le leadership devono assicurare il coinvolgimento e la partecipazione di ampie fasce sociali, includendo anche quelle più esposte e più deboli” “Bisognerebbe fermarsi davanti a scelte tecnologiche e industriali su come raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione”. L’intervento della PA o la sua assenza totale è controproducente.
“E’ fondamentale che l’industria venga considerata per il patrimonio sociale che rappresenta, per i legami sociali che garantisce. “
E’ l’ora della sostenibilità sociale.
Ci si chiede chi deve fare il passo più grande.
Subito viene da pensare allo Stato che deve garantire i servizi. Dalle infrastrutture alla Sanità, dalla cura del territorio e delle sue risorse, alla crescita culturale. Ci sono le Imprese: svolgono spesso funzione sussidiaria con i dipendenti e con il territorio. Accendono nuove vie organizzative e produttive spesso senza una analisi approfondita degli impatti che potranno intervenire.
Uno sguardo allo Stato Italiano oggi si manifesta non molto dissimile a quello di 10 o 20 anni fa. Anche allora c’erano le difficoltà sanitarie, le liste d’attesa c’erano già vent’anni fa, bisogna farne memoria! C’era una scuola che ogni anno mutava il suo volto superficiale senza cambiamenti originali, con un decremento della qualità delle competenze degli studenti e dei docenti.
Un fatto: eravamo padroni delle nostre fabbriche e dei nostri marchi.
Non abbiamo nemmeno più la linea aerea e nemmeno la vecchia FIAT.
Diventa così difficile per tutti governare, e sempre più facile criticare cosa non funziona, facilmente reperibile nella cronaca quotidiana.
Non è andata nemmeno bene quando è intervenuta la Giustizia Amministrativa a modificare gli assetti economici e aziendali. Essa si è introdotta in fabbrica per supplire situazioni di rilevanza penale portando al fallimento molte imprese.
La sostenibilità sociale sta a guardare gli effetti dell’Intelligenza Artificiale, l’innovazione tecnologica e digitale, la rivoluzione delle relazioni con lo Stato con più domande: sarà finalmente la riforma del riscatto? Cresceranno gli stipendi? Migliorerà la vita delle famiglie? L’educazione dei giovani ne trarrà profitto? I nostri imprenditori venderanno tutto o ritorneranno ad investire in Italia? I giovani lavoreranno con soddisfazione in Italia?
Quando si sono visti i primi scenari di innovazione sostenibile abbiamo pensato ad una umanizzazione della vita e del lavoro. Ma è poi avvenuto quanto promesso? Qualche cosa di buono è accaduto con l’introduzione della Agenda 2030.
Alcuni però, strumentalmente, hanno utilizzato le crisi climatiche come occasione per rendere la vita più costosa e spesso più difficile. Un po’ tutti hanno cercato di migliorarsi.
Il tema è sempre la Sostenibilità Sociale.
Alla fine saranno i cittadini, lavoratori e disoccupati, che valuteranno in un modo o in un altro ogni cambiamento, ideologico e non ideologico. E lo valuteranno sulle risorse a loro disposizione per vivere meglio e sui servizi immaginati per migliorare la loro vita.
La centratura dell’intervento di Colaninno ripone qui, su questo punto il suo accento. Lo fa da imprenditore e non da politico: almeno lasciamo che queste provocazioni restino nei pensieri quando davanti alla TV vediamo i soliti lunghi e inutili contradditori nei dibattiti prefabbricati, per permettere dialettica e zuffa ideologica: dove si sa già dall’inizio cosa ha in mente l’uno e l’altro.