Il punto del Direttore
In un libro del 2013 (Sostenibilità in pillole) si trovano spunti davvero interessanti da riprendere.
E’ la dimostrazione che la vicenda del cambiamento possibile era materia di interesse pubblico già da vent’anni. E da più di vent’anni si studiavano i modi per rendere nota la vita delle imprese con i Bilanci Sociali. Era una sensibilità che doveva maturare e che ci porta oggi a trattare quotidianamente di Clima, di ambiente, di finanza etica, di relazione attiva ed inclusiva anche con il terzo settore, ecc.
Le pagine che seguono riflettono sul nesso Resilienza e Sostenibilità.
Fino a 5/6 anni fa la parola resilienza era poco nota, ora è nel linguaggio.
Questo documento è interessante e vale la pena leggerlo per capire e ricordare.
«Il concetto ecologico di resilienza è stato pionieristicamente introdotto da Crawford Holling, sin dai primi anni Settanta, e definisce la capacità dei sistemi integrati ecologici e umani – i Socio-Ecological System – di assorbire un disturbo e di riorganizzarsi mentre ha luogo il cambiamento, in modo da mantenere ancora essenzialmente le stesse funzioni, la stessa struttura, la stessa identità e gli stessi feedback. Il sistema ha la possibilità quindi di evolvere in stati multipli, diversi da quello precedente al disturbo, garantendo il mantenimento della vitalità delle funzioni e delle strutture del sistema stesso.
La resilienza, ricorda Holling, è misurata dal grado di disturbo che può essere assorbito prima che il sistema cambi la sua struttura, mutando variabili e processi che ne controllano il comportamento.
La resilienza di un ecosistema costituisce quindi la capacità di tollerare un disturbo senza collassare in uno stato qualitativo differente.
Il sistema che ha minore resilienza inevitabilmente accresce la propria vulnerabilità. Perciò la gestione dei sistemi socio-ecologici deve essere indirizzata a mantenere alto il livello di resilienza e basso quello di vulnerabilità.
In un sistema resiliente, il cambiamento ha la potenzialità di creare opportunità di sviluppo, novità, e innovazione. In un sistema vulnerabile persino piccoli cambiamenti possono risultare devastanti. La vulnerabilità si riferisce perciò alla propensione di un Social Ecological System di soffrire duramente delle esposizioni agli stress e agli shock esterni. Meno resiliente è il sistema, minore è la capacità delle istituzioni e delle società di adattarsi e di affrontare i cambiamenti.
Attuare politiche di sostenibilità vuol dire quindi apprendere come gestire l’incertezza, adattarsi alle condizioni mutevoli che si presentano ma, soprattutto, evitare di rendere sempre meno resilienti e più vulnerabili i sistemi naturali e i nostri sistemi sociali. Siamo in un mondo in cui, come abbiamo sin qui considerato, l’umanità sta giocando un ruolo preminente nel modificare i processi della biosfera, dal livello genetico alla scala globale. Abbiamo un’estrema necessità di mitigare il nostro impatto sui sistemi naturali e di essere in grado di adattarci alle nuove situazioni, con grandi capacità di apprendimento e flessibilità.
Le politiche di sostenibilità basate sulle migliori conoscenze scientifiche transdisciplinari dovrebbero diventare la priorità delle agende politiche internazionali.
Ogni giorno milioni di scelte sono fatte da individui, imprese e governi. Il nostro futuro comune dipende da queste scelte. Il rapporto dell’High Level Panel on Global Sustainability, voluto dal Segretario generale delle Nazioni unite, afferma che è giunto il tempo che l’azione globale che, di fatto, guida le nostre società, sia costituita da scelte della gente, dei mercati e dei governi che devono essere caratterizzate dalla sostenibilità.
Lo sviluppo sostenibile è ritenuto fondamentalmente una questione di opportunità per influenzare e caratterizzare il futuro della gente, il rispetto dei diritti e l’ascolto delle preoccupazioni di tutti.»
(tratto da Gianfranco Bologna, Sostenibilità in pillole, Edizioni Ambiente, Milano 2013, pp.75-77)
La lettura di brani di un libro sembra un esercizio da intellettuali e da inutili cultori del passato.
Invece è la forma del comprendere il presente, che giunge come una folgore dal passato.
Allora avevamo tempo per imparare bene queste parole ora che le sappiamo e che sono entrate nel nostro linguaggio stanno incidendo come esperienza per innovare.
E’ comunque un conforto comprendere che il cammino viene da lontano e che il perdere tempo con la disattenzione e la poca capacità critica danneggia la vita. Nostra e di tutti.
Bruno Calchera
Direttore Responsabile