Di fatto, il costo globale dello spreco alimentare ha ripercussioni che vanno ben oltre il nostro cestino dei rifiuti, con effetti negativi per l’uomo e l’ambiente, quali consumo eccessivo di risorse (acqua in particolare), aumento delle emissioni di CO2, elevati costi di sviluppo e produzione oltre ad una carenza di cibo diffusa e ingiustificata.
Secondo l’ONU un terzo degli alimenti destinati al consumo umano viene perduto o sprecato. Parliamo di 1,3 miliardi di tonnellate all’anno.
Chi lavora nei supermercati assiste a uno spreco alimentare su larga scala, legato in particolar modo alla rigidità delle normative e a considerazioni estetiche — in termini di strategie di esposizione dei prodotti — che influiscono sulle scelte dei consumatori. Il cambiamento, però, sta partendo proprio dall’interno dell’industria stessa. Un esempio emblematico è quello della catena di supermercati olandese Albert Heijn in cui, nel 2014, quattro dipendenti hanno deciso di prendere in mano la situazione. Iniziando a recuperare il cibo invenduto da numerosi supermercati di Amsterdam, nel 2015 hanno aperto un ristorante, InStock. Un anno dopo, sono entrati nella classifica di “Forbes 30 Under 30”. Negli scorsi tre anni hanno ampliato le attività in altre due città, a Utrecht e l’Aia.

InStock riveste un ruolo davvero unico nell’economia circolare. Il menu di ciascun ristorante varia in base alla disponibilità alimentare locale e almeno l’80% degli ingredienti è costituito da “cibo recuperato” — prodotti completamente in linea con le normative sulla sicurezza alimentare ma recuperati da avanzi, invenduti o scartati perché prossimi alla data di scadenza, per imperfezioni, eccedenze o questioni relative alla dimensione.
“Abbiamo iniziato modificando il menu su base quotidiana, ma siamo arrivati a cambiarlo ogni trimestre, poiché riuscendo a raccogliere più alimenti, siamo in grado di fare previsioni migliori”, spiega Freke van Nimwegen, una delle fondatrici di InStock. Ed è proprio nel menu che avviene la vera magia: il pane del giorno prima, le patate avanzate e l’acqua piovana di Amsterdam si trasformano in birra; i resti del malto della birra, diventano muesli per la colazione.

Il latte residuo della schiuma del cappuccino si trasforma in ricotta, a sua volta utilizzata per condire gli gnocchi fatti con il surplus di patate. Altri piatti principali sono composti da carne e pesce scartati per imperfezioni estetiche, per la loro dimensione o perché ritagli; questi sono accompagnati da vini invenduti a causa di etichette mal posizionate o tappatura imperfetta, ma assolutamente sicura. La pralinatura del dessert, viene ricavata da un impasto realizzato con fondi di caffè.

Missione zero avanzi
La missione dell’azienda è semplice: sensibilizzare i consumatori e ridurre gli sprechi alimentari. “Non ci limitiamo a ricercare modi per raccogliere più alimenti e creare nuovi piatti, ma proviamo anche a trovare soluzioni per poter utilizzare tutto ciò che riusciamo a ottenere, dalla A alla Z”, spiega van Nimwegen.
Oltre ai supermercati con i quali InStock collabora per rifornirsi, l’azienda ha ampliato la propria rete di fornitori arrivando a coinvolgere agricoltori e aziende di imballaggio. Sebbene il cibo in sé sia a costo zero, le spese di gestione sono elevate. “Dovendo raccogliere gli alimenti, selezionarli e portarli ai ristoranti, dobbiamo affrontare costi di manodopera più elevati; per gli altri ristoranti, invece, i costi di approvvigionamento sono quelli con un impatto maggiore”, spiega van Nimwegen. Essendo una fondazione, tutti i profitti di InStock vengono reinvestiti in nuovi progetti a sostegno della propria missione.
Per essere circolare “a tutto tondo”, l’azienda propone corsi di cucina basati sulla propria filosofia, programmi educativi dedicati alle scuole primarie, spazi per eventi, servizi di catering e food truck. Questi rivendono parte dell’eccedenza dei prodotti raccolti e la birra a base di patate ad altre imprese e ristoranti e utilizzano i propri scarti per la produzione di biogas.
Secondo l’azienda, una cena di quattro portate in un ristorante InStock permette di risparmiare 3,836 libbre (1,74 kg) di CO2 e l’equivalente di 50 docce pari a 652 galloni (2.470 litri) d’acqua.
La fondazione ha inoltre appena pubblicato il suo secondo libro di cucina, “Circular Chefs”, con i contributi di numerosi chef olandesi molto apprezzati, incentrato su “come ridurre il nostro impatto generale sul pianeta”, afferma van Nimwegen. Attualmente l’azienda mira a estendere il proprio business all’ingrosso ad altre imprese di catering locali.
di Livia Formisani
(da Eniday Newsletter del 25 gennaio 2019)