Abbiamo posto solo la parola Bilancio, perché ci aspettiamo diverse forme di Bilancio.
Sarà Integrato, di Sostenibilità, Sociale, potrà essere una Rendicontazione, poco importa: la svolta introdotta dalla Legge 254/2016 impone uno sguardo ad “altro” rispetto al solo conteggio profitti e perdite, chiede dei perché, chiede delle osservazioni, anzi le pretende dalle aziende quotate in Borsa.
Il tema del completamento delle informazioni tratte dal Bilancio e l’introduzione di parole di natura non finanziaria è uno sbocco nuovo nella comprensione e speriamo che la lettura non sia una perdita di tempo, un paragrafo/capitolo di cose fritte o di buon sapore senza realismo.
Proviamo ad immedesimarci in una azienda – grande, media o piccola – perché se le quotate sono obbligate a integrare un Bilancio, le PMI, valutata la convenienza, hanno anche loro questa risorsa – e vediamo le nuove opportunità.
Ripensare al proprio cammino, per una impresa o per un Ente del Terzo Settore e persino per la Pubblica Amministrazione serve: serve per migliorarsi, serve per precisare il contesto in cui si opera, è utile per verificare le relazioni esistenti con tutti gli stakeholder ed identificare nuovi processi relazionali. Infine serve per guardare alla propria realtà produttiva. Una sorta di analisi interna approfondita per conoscersi meglio e intervenire là dove è necessario, indispensabile o consigliabile.
Mi preme proseguire questo processo di auto-valutazione per fare un passo in più in questo cammino con una domanda: una volta fatta la valutazione e decisi i processi come e cosa si può apprendere in questo percorso?
E’ prassi ormai consolidata pubblicare il Bilancio Sociale o il Bilancio Integrato di 50 o 100 pagine sul proprio sito aziendale e chiudere così la vicenda della comunicazione del Bilancio.
Ma siamo certi che verrà letto?
Alcuni lo leggeranno per intero, più probabilmente altri leggeranno alcuni capitoli. Ma non v’è la certezza di una lettura attenta per apprendere e per stimare di più questo strumento di comunicazione.
Emerge infatti una questione che resta aperta: come “far sapere”, come far conoscere davvero quel Bilancio?
E quali possono essere i lettori attenti a questo strumento?
Innanzi tutto potrebbero essere, sono i giornalisti: desiderano notizie, e nel Bilancio ce ne sono tante. Ma la forma comunicativa – si si posta sul sito il Bilancio Sociale non è un aiuto – obbliga il giornalista a cercare conoscendo poco la materia. Qui l’Ufficio Stampa aziendale ha un compito importantissimo.
Ci sono poi i clienti ed i fornitori: entrambi sensibili alle parti riferite alla loro competenza, normalmente scettici su una comunicazione di natura autoreferenziale però curiosi e a loro va la presunzione di una attenta lettura di alcune parti del Rapporto.
Infine ci sono gli operatori interni, quelli che “fanno” l’impresa. Questi ultimi guarderanno con attenzione ciò che li riguarda con la curiosità di conoscere come si muovono le altre linee aziendali.
Occorre attenzione e perciò programmare un percorso per divulgare la conoscenza del Bilancio, esattamente come si fa per ogni novità di prodotto o di organizzazione aziendale. L’obiettivo primario: accrescere la REPUTAZIONE.
In secondo luogo POSIZIONARE l’azienda nell’arena competitiva attraverso precise informazioni. Infine identificare le INNOVAZIONI ed i PROGETTI introdotti nel cammino aziendale.
Una sintesi di cosa occorre:
- E’ consigliabile una presentazione pubblica con un invito agli stakeholder
- I capitoli del Bilancio vanno destinati e fatti conoscere agli interlocutori con gli approfondimenti specifici: ogni manager, ogni responsabile di settore dovrebbe fare la sua parte dando le debite informazioni a tutti gli interlocutori del suo settore.
- Alla stampa andrebbe rilasciato un Abstract di tutte le novità, con una scelta dei Media in funzione della loro specializzazione. Perché esistono media specializzati nel dare queste informazioni in modo sistematico. Si resta sorpresi che le pianificazioni pubblicitarie promozionali spesso escludano la stampa di settore.
- Gli obiettivi aziendali comuni necessitano di attività formativa. La formazione va programmata e pianificata nei tempi.
- I dati numerici del Bilancio dovrebbero essere rivestiti da quella” carne” che nobilita il senso della cifra e che può accompagnare ogni riflessione.
- L’ A.D. o il Presidente chiamato a presenziare in Convegni o Eventi desidera essere aggiornato sui percorsi della propria azienda, le novità acquisite ed i progetti nati da queste considerazioni. Il Bilancio è uno strumento eccezionale di dati ed informazioni.
- Infine è indispensabile considerare che il Reporting di Sostenibilità si riferisce all’anno già trascorso: a metà del nuovo anno sociale occorre una appendice chiara ed una domanda: ciò che ci siamo prefissi allora è ancora valido oggi? Stiamo davvero camminando come ci eravamo impegnati o sono intervenute circostanze che ci hanno obbligato a mutare percorso? Così un Bilancio di metà mandato è la cura migliore per una Bilancio vero e di riferimento per l’anno successivo.
Il Bilancio resta sempre aperto. Non è solo un momento di sintesi, ma uno strumento di lavoro. Un modo di fare le opportune verifiche, per educarsi alla trasparenza in ogni istante e per indicare che progetti e percorsi nascono da una storia e non dalla improvvisazione.
Infine è un problema di consapevolezza: l’analisi di contesto non si chiude mai, ma è lì come la realtà a indicare il cammino, i cambiamenti, le cose da fare e non fare.
Il Bilancio non è più un testo che muore lentamente, ma un punto certo di visione, condiviso.
Così si interpreta il sentire aziendale interno, così si matura una relazione buona con il territorio, l’ambiente, in questo modo la trasparenza è di casa nella legalità, e il vivere aziendale non è una lotta ma una sana competizione o meglio una sana collaborazione per il bene comune.
Bruno Calchera
Direttore Responsabile di CSRoggi