L’auditorium della Torre Velasca, ai piedi di uno dei grattacieli/monumenti più rappresentativi di Milano, ha ospitato lo scorso 25 giugno 2019 l’incontro dal titolo “Finanza sostenibile: il ruolo degli SDGs (gli obiettivi di sviluppo sostenibile) nell’economia reale”.
A fare gli onori di casa Marisa Parmigiani, Responsabile Sostenibilità Gruppo Unipol, che nel suo intervento introduttivo ha illustrato le misure adottate a livello europeo in materia di finanza sostenibile: «La Commissione Europea ha deciso di dare un’accelerata al processo di affermazione della finanza etica, così che si possano rispettare gli accordi sul clima di Parigi. Per raggiungere i target di transizione servirebbero dai 175 ai 290 miliardi di euro di investimenti di privati all’anno».
Questi accordi sono già di per sé qualcosa di eccezionale, dal momento che hanno messo attorno al tavolo esperti di tutte le nazioni europee per decidere che cosa sia green e che cosa non lo sia.
«Per riuscire a raccogliere tutti questi investimenti, però, questa semplice condivisione di intenti non è sufficiente – ha sottolineato Parmigiani –. Per smuovere le masse è necessario che i prodotti per gli investimenti siano ben riconoscibili ed è fondamentale definire degli standard comuni. Devono poi essere messe in campo azioni – da attuarsi con lo strumento dei “regolamenti” comunitari – che permettano di riconoscere e incentivare operazioni di investimento su ambiti di sostenibilità».
Una tassonomia europea per la finanza sostenibile
Un passo importante fatto a livello di Unione Europea è quello della decisione di adottare una tassonomia uniforme a livello di tutto il continente, in modo tale che sia chiaro senza fraintendimenti che cosa s’intenda per investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, climatico e sociale.
«Uno strumento di questo tipo – le parole della responsabile Sostenibilità del Gruppo Unipol – aiuta gli investitori e le imprese a identificare le attività veramente sostenibili, così che l’economia possa trasformarsi da “brown” a “green” e possa divenire dinamica, flessibile e inclusiva. Tutto ciò avendo ben presente il fatto che rendere l’economia green non è un’operazione facile: non basta sostituire il petrolio con settori che non hanno emissioni. Non funziona così, non si possono eliminare interi settori, piuttosto questi devono avviare un processo di transizione. Dal punto di vista degli strumenti, la proposta di standardizzazione dei green bond, allineati alla tassonomia UE, comporterà l’obbligo della pubblicazione sia del location report (dove metto i soldi), sia dell’impact report (quale valore ambientale ho prodotto con i soldi che mi hai dato), mentre si è avviato il percorso per armonizzare gli indici di riferimento emessi dalle società di rating sulla base di una metodologia trasparente, altro punto dolente di efficacia e affidabilità del sistema attuale».
I soldi ci sono, ma come vengono spesi?
«Per finanziare obiettivi di sviluppo sostenibile serve molto denaro – l’esordio nell’incontro mattutino di Simon Zadek, rappresentante della Task force dell’ONU su Digital Financing e SDGs –, migliaia di miliardi per costruire infrastrutture, ridurre i combustibili fossili, rispettare l’ambiente. Ma questo non ci deve portare a conclusioni sbagliate: non servono quantità maggiori di soldi, ce ne sono forse anche troppi, i mercati finanziari ne stanno muovendo a sufficienza».
Il problema non è tanto legato ai flussi finanziari, ma piuttosto al modo in cui questi sono impiegati. È necessario reimpostare l’approccio mentale verso i mercati e la creazione di una tassonomia europea può certo essere d’aiuto.
«La situazione sta cambiando a gran velocità in ogni singola area del sistema finanziario – ha sottolineato Zadek – e questo avviene soprattutto grazie alla digitalizzazione. Se pensiamo che il 90% dei dati disponibili attualmente nel mondo sono stati creati negli ultimi due anni, ci rendiamo conto di quale sia l’impatto di questa rivoluzione digitale. Grazie ai nuovi strumenti e ai canali digitali abbiamo oggi dati più veloci, numerosi, migliori. Ma la domanda è: questi dati, in generale, sono utilizzati nella giusta maniera?».
L’analisi della situazione mondiale rivela che siamo di fronte a una nuova generazione di flussi finanziari, è ora importante capire quali impatti avranno sui singoli Paesi e quale debba essere il ruolo delle varie Banche centrali.
«Abbiamo tutti una grande responsabilità nel gestire lo sviluppo sostenibile – ha concluso il portavoce della Task force delle Nazioni Unite –, servirà anzitutto che si attui una nuova era di sforzi governativi in questa direzione e che nasca una nuova e grande comunità di investitori responsabili. Abbiamo fatto negli ultimi anni passi da gigante e molto resta ancora da fare. I dati per gli investimenti sostenibili a nostra disposizione saranno sempre meno costosi e ci sarà la possibilità di gestire al meglio i rischi e sfruttare appieno le opportunità che si verranno a creare».
di Luca Palestra
(da CSRoggi Magazine, anno 4, n.3, Luglio 2019, pag. 22)
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