Andrea De Tommasi

C’è un film italiano che sta sbancando in Cina, tra code ai botteghini e servizi nei Tg. In soli due giorni C’è ancora domani di Paola Cortellesi ha registrato 450 mila biglietti d’ingresso e oltre 28mila proiezioni. Da Pechino a Shangai, cineasti e gente comune si sono fatti coinvolgere dalla storia di Delia, coraggiosa mamma tuttofare nella Roma del dopoguerra: picchiata e succube del marito e del suocero, si arrangia facendo diversi lavori, pur vedendo i guadagni destinati all’uomo di casa. Nella solitudine che la circonda, però, brilla ancora una scintilla, un desiderio di ribellione che esprimerà esercitando il diritto di voto. Un’opera riuscita e attuale, in un’Italia segnata dai troppi femminicidi (a proposito: con il via libera di pochi giorni fa del Consiglio dei ministri, il femminicidio si avvia a diventare reato punito con l’ergastolo).

Da allora le cose sono migliorate, ma la questione femminile in Italia resta una sfida complessa. Anche nel mondo del lavoro, dove il talento femminile spesso viene soffocato, poco più di una donna su due ha un impiego e la metà di queste è part-time. Nel Paese della “transizione infinita”, come la definisce l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e vi abbiamo raccontato sul sito ASviS, la parità è ancora un obiettivo lontano: il mercato del lavoro cambia, ma le disuguaglianze di genere restano un filo resistente che lega il presente al passato, che si allenta ma non si spezza.

Lo conferma anche l’indagine realizzata dal Cnel in collaborazione con l’Istat, resa nota alla vigilia della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo. Sebbene si registri una leggera crescita, il tasso di occupazione femminile in Italia è inferiore di 12,6 punti rispetto alla media europea ed è il valore più basso tra i 27 Paesi Ue. Dal 2008 al 2024 l’incremento è stato di 6 punti, contro gli 8,6 della media Ue, e il gap di genere risulta quasi doppio (17,4 contro 9,1). Le disparità sono evidenti anche a livello territoriale: mentre le regioni del Nord e del Centro, ad eccezione del Lazio, hanno raggiunto il target del 60%, come previsto dalla Strategia di Lisbona 2010, nessuna regione meridionale ci è riuscita.

Come ha affermato Linda Laura Sabbadini, già direttrice dell’Istat, presentando la ricerca, nel nostro Paese ci sono ancora delle vere e proprie trappole che impediscono la crescita dell’occupazione femminile, per allinearci con i livelli della media europea. Una prima trappola è la forte incidenza della disoccupazione di lunga durata. C’è poi il nodo dell’inattività. Terza trappola la scarsa conciliazione tra vita privata e lavoro. Un altro aspetto delicato è quello della vulnerabilità. Circa 2 milioni e mezzo di donne presentano vulnerabilità sul lavoro: contratti a tempo determinato, part-time involontario e altre situazioni di lavoro non standard. La maggiore vulnerabilità riguarda le lavoratrici madri, le donne straniere, le donne che offrono servizi alle famiglie.

E allora: perché queste donne non lavorano o restano ai margini? Per una mancanza di volontà o forse […]

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(13 marzo 2025)

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