Climate Change: sembra che questo sia “trend topic” in tutti i settori e i mezzi di comunicazione. Ne parlano gli ambientalisti, ne parlano i negazionisti, le aziende, i giovani e i meno giovani. Ognuno si sente chiamato ad avere un’opinione sul tema, ma le informazioni per farsi un’opinione consapevole sono poche e opache.
Le radici storiche del fenomeno
L’umanità è stata in balia dei mutamenti climatici fin dalla sua comparsa sul pianeta terra, 1,9 milioni di anni fa (Homo Erectus); solo la specie Homo Sapiens (di seguito Uomo) presente da 350.000 anni fa ha affrontato sei episodi glaciali, causati dalla progressiva diminuzione delle temperature, seguiti da altrettante fasi interglaciali in cui le temperature globali hanno subìto innalzamenti significativi. L’Uomo ha assistito all’estinzione di diverse specie di esseri viventi animali e vegetali, il tema della biodiversità, quindi, è una costante della storia dell’Uomo.
Uno degli eventi storici famosi che evidenzia la dinamicità delle condizioni climatiche della Terra nel tempo, è il passaggio di Annibale, con gli elefanti attraverso le Alpi. La “discesa” di Annibale è datata settembre 218 a.C. È lecito pensare che ghiaccio e neve non fossero presenti sulle catene montuose Italiane, considerate patrimonio dell’Umanità, che quindi non impedissero il passo dei pachidermi, noti per essere animali che vivono a temperature africane?
Il riscaldamento globale è un dato di fatto
I nostri antenati si adattarono all’universale, ma irregolare riscaldamento globale a partire dalla fine della prima era glaciale, con stupefacente senso di opportunità. Svilupparono strategie per superare durissimi cicli di siccità, decenni di precipitazioni abbondanti o di freddo inconsueto. La rivoluzione agricola, che mise fine all’epoca dell’Uomo cacciatore-raccoglitore per aprire le porte alla vita stanziale, fondata su agricoltura e allevamento, consentì la nascita delle prime civiltà in Mesopotamia, Egitto e nelle antiche Americhe. Tale è stata sempre la capacità di adattamento dell’Uomo nella storia che i mutamenti ecologici hanno lasciato poche impronte nella memoria della specie. Facciamo il punto: i cambiamenti climatici sono un fenomeno naturale che, storicamente, non è una novità. La storia ci insegna che l’impatto antropomorfico ha sempre avuto un ruolo nei mutamenti degli ecosistemi. È tuttavia evidente come il riscaldamento globale cui stiamo assistendo oggi (che è reale, tangibile e scientificamente provato ) sia l’epoca di più lunga durata nell’ultimo millennio, a paragone di ogni altro analogo periodo,
È altresì palese che le attività umane abbiano giocato un ruolo determinante nei recenti cambiamenti degli ecosistemi. Per la prima volta l’Uomo, a partire dal 1760 (anno di inizio della rivoluzione industriale in Inghilterra) con i disboscamenti, l’agricoltura intensiva, la scoperta e l’uso di fonti energetiche di origine fossile (come il carbone o il petrolio) ha liberato in atmosfera gas serra a livelli tali da poter essere considerati responsabili del riscaldamento globale.
Ricostruire i mutamenti climatici del passato è estremamente difficile, rileggerli attraverso il filtro della storia dell’evoluzione dell’Uomo , è un processo che può illuminare la via della consapevolezza. Dal 1840 iniziò il moderno periodo caldo, provocato in un primo momento dal diffondersi in tutto il mondo della pratica dell’agricoltura intensiva, che portò a un disboscamento senza precedenti e provocò un aumento considerevole di anidride carbonica (principale responsabile dell’innalzamento delle temperature).
La prima rivoluzione industriale e le successive scoperte di carbone e petrolio, come fonti energetiche, costituirono le cause principali del processo di continua crescita delle temperature globali, che iniziarono lentamente a salire dopo il 1850 per crescere più rapidamente nel ventesimo secolo. L’innalzamento ha subito una vera e propria impennata a partire dal 1980, con livelli record di estati calde e inverni miti. Gli ultimi 180 anni sono stati contrassegnati da un prolungato e costante riscaldamento, senza segni di un’inversione di tendenza. Al tempo stesso, eventi climatici estremi come uragani, tzunami e terremoti hanno scosso la terra e – ahimé solo temporaneamente – la coscienza dell’Uomo.
Ora, che posizione dovremmo assumere?
Da un lato un folto numero di esperti, più o meno competenti, allarma sul concreto rischio di estinzione della razza umana, seguito da eserciti di ambientalisti e attivisti ambientali convinti e preoccupati; dall’altro lato i cosiddetti “negazionisti”, sminuiscono i dati tangibili e scientificamente provati, normalizzandoli all’interno di un percorso evolutivo naturale e assimilandoli ai comuni eventi post glaciali storicamente noti. Questa schiera minimizza le previsioni pessimistiche degli antagonisti.
Come abbiamo già affermato, l’Uomo ha sempre trovato la via per affrontare i cambiamenti climatici, in modo da trarne, per altro, vantaggi non solo in termini di continuità della specie ma anche di maggior prosperità.
I 17 obiettivi dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, rappresentano il traguardo del nostro futuro; le nuove tecnologie a disposizione ci supporteranno nel raggiungerli e nel cogliere grandi opportunità anche da questo periodo climatico che, storicamente, appare come il più complesso da superare. La suggestione della speranza è racchiusa nel nostro DNA (di Sapiens): l’Uomo è la specie che meglio di ogni altra ha avuto la capacità di adattarsi ed evolversi, migliorando. Proviamo quindi a superare la dicotomia allarmismo-negazione, pensando al Climate Change, per assumere la prospettiva di una sfida, difficile ma che possiamo affrontare e vincere, procedendo verso le 17 direzioni individuate e sfruttando gli strumenti prodotti dalle nostre conoscenze scientifiche.
di Roberta Culella