“Il portavoce dell’ASviS prof. Enrico Giovannini, ha citato alcuni dati che evidenziano come il mondo del business è oggi attento ai tempi dello sviluppo sostenibile: l’87% dei capi di impresa intervistati da Global Compact – Accenture conosce gli SDGs – i 17 Gol dello sviluppo sostenibile indicati dalla Agenda 2030 dell’O.N.U. – e li considera una opportunità essenziale per il business; anche limitando l’indagine a quattro sistemi economici (cibo e agricoltura, energia e materie prime, città, salute e benessere), a livello globale alla fine del 2016 sono 22,9 mila miliardi di dollari che vengono gestiti professionalmente seguendo strategie di investimento responsabile.”
Si tratta di un dato obsoleto. Oggi i numeri sono cresciuti.
Ma un dato emerge nella viva realtà: il processo di cambiamento attuato da molte aziende sensibili alle politiche di cambiamento è inarrestabile. Non è quasi più pensabile trattare di business, a qualunque livello, senza imbattersi nella centralità della sostenibilità all’interno dei processi aziendali.
Si comincia a comprendere che lo sviluppo richiede innanzi tutto una consapevolezza più matura.
La definizione dell’O.N.U. sullo sviluppo sostenibile fa riflettere: “ Sviluppo che soddisfa i fabbisogni del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni”. E’ un concetto formulato nel 1991 da Herman Daly, uno dei maggiori economisti della Banca Mondiale.
Fu lui a ricondurre lo sviluppo sostenibile a tre condizioni:
- il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione;
- l’immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell’ambiente non deve superare la capacità di carico dell’ambiente stesso;
- lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
E’ comprensibile che sempre di più gli SDGs diventino il metro valutativo per un buon cammino di sviluppo: in fondo si tratta di reperire nella mente una grande ragionevolezza.
Il convincimento e il pensiero ben orientato inducono a considerazioni nuove e fanno cadere le trascuratezze che ci hanno condotto a deperire il pianeta, il mondo del lavoro, la stessa vita civile riducendo il tutto alla massimizzazione dei profitti con qualunque mezzo.
C’è da pensare quando si vedono liquami in mare, rifiuti per le strade, chiusure forzate di aziende, difficoltà di relazione soprattutto in presenza di diversità culturali, corruzioni sempre più dilaganti, squilibri energetici, dissoluzione valoriale della politica, ecc.
La presa di coscienza non dovrebbe essere difficile guardando ciò che accade nel nostro Paese ormai preda di una dissoluzione climatica che ha reso pericoloso tutto il nostro territorio preda di agenti atmosferici incontrollati ed imprevisti. L’effetto serra non è un pallino degli ambientalisti. L’anticiclone delle Azzorre non difende più il nostro clima. Oggi, come nei tropici, vediamo la devastazione del territorio.
Così diventa insopportabile l’inedia politica davanti ai rifiuti – Roma docet – si opera poco e i diversi poteri politici mostrano incapacità e difficoltà di relazione comune e scarsità di risorse condivise.
C’è anche da aggiungere la scarsa collaborazione, spesso, di coloro che sono deputati ai servizi pubblici per le città.
E’ il rapporto con la realtà che qualifica la decisione.
Ora è indispensabile parlare dello sviluppo sostenibile.
Far circolare idee nuove che prevedono uno sguardo positivo per il futuro delle nuove generazioni.
Vanno segnalate le buone prassi e disincentivati le attività maldestre.
Anche la P.A. deve dare il suo contributo: nel settore sanitario; nella scuola si può insegnare anche la necessità di uno sviluppo sostenibile; nel pensare alle unità abitative, nel controllo delle emissioni, e soprattutto nel punire i gravi inquinatori e sostenendo coloro che si applicano nella economia circolare o nella energia pulita.
Lo sviluppo sostenibile è una convenienza.
Lo è per chi fa impresa e per chi lavora e vuole crescere nella professione con competenza.
E una convenienza per le generazioni che verranno.
Ed è una forte tensione al business che dura nel tempo.
E’ conveniente sia per chi fa credito sia per chi investe.
In fondo la serietà paga sempre.
Bruno Calchera
Direttore Responsabile CSRoggi