«L’innovazione si fa con ciò che si ha». Da qui partono le teorie e, soprattutto, da 1 qui vedono la luce i business «di rottura» di Gunter Pauli, guru, imprenditore, abilitatore di innovazione (con la sua Fondazione Zeri) e fondatore della Blue economy. Una branca dell’economia verde, basata su un minor impatto ambientale delle produzioni, e che ne è anche il superamento, poiché prevede il riutilizzo delle risorse, in un sistema che si auto-sostiene e che genera nuovo valore. «L’Italia non può pretendere di competere con giganti come Usa o Giappone. Se volete innovare e crescere, bisogna farlo con le risorse che avete a disposizione. Non solo: per generare davvero valore le aziende guardino alle esigenze delle persone e del Paese», ha detto l’economista belga al pubblico del primo «Talk4Growth», la serie di incontri organizzati da L’Economia in collaborazione con Accenture, che si è tenuto martedì scorso a Milano, all’Acin, l’Accenture Customer Innovation Network di piazza Gae Aulenti.
Idee e vantaggi
Il titolo scelto per la prima serata è emblematico: «Vantaggio circolare». Che cosa voglia dire lo spiegano, meglio delle teorie, le innovazioni sostenibili di Pauli. In Marocco, Giappone e Sudafrica, è riuscito a trasformare le microplastiche disperse negli oceani in risorsa. Ha creato delle «tende di alghe» che, immerse in mare, assorbono le particelle inquinanti e, una volta estratte, sono usate per creare biogas.
Un’altra delle sue startup ha creato una barretta di caffè solido, ottenuta in maniera sostenibile e senza sprechi. «È realizzata con un po’ di burro di cacao, senza zucchero: dieci grammi equivalgono a un caffè, non si spreca nulla del frutto del caffè e della pianta e paghiamo la materia prima agli agricoltori locali 25 volte in più rispetto alle grandi multinazionali del settore. Sono convinto che il ruolo degli imprenditori oggi sia quello di mostrare all’industria e ai consumatori che un mondo diverso non solo è possibile, ma è anche più competitivo e, in un certo senso, divertente».
Certo è che, tra gli allarmi sul climate change e il suo impatto sull’economia globale, e gli appelli di Greta a prendersi delle responsabilità per il futuro del pianeta, le aziende oggi sono «costrette» a occuparsi di sostenibilità e a ripensare i modelli produttivi. E c’è chi è già partito all’inseguimento di quel vantaggio competitivo che la circolarità può assicurare. La multinazionale dell’energia Enel, per esempio, vuole andare oltre la decarbonizzazione del business: «Stiamo ragionando sulle rinnovabili migliori per il futuro—dice Luca Meini, a capo della strategia circolare dell’azienda — e misuriamo la circolarità di tutti i nostri processi, scegliendo e premiando i fornitori più virtuosi, attraverso una metrica della circolarità messa a punto internamente».
La finanza sostiene la svolta. Ambienta Sgr è un fondo che guarda esclusivamente a imprese focalizzate su sostenibilità e innovazione: «Abbiamo investito in 35 aziende, in otto paesi europei in dodici anni—dice il managing partner e fondatore Nino Tronchetti Provera —. Abbiamo ritorni incredibili: il 30% cash on cash e 150 milioni di ebitda all’anno». Accenture, invece, aiuta le grandi corporate ad accedere a startup e pmi innovative che propongono soluzioni di business sostenibili: «Il tema è molto dibattuto ma spesso legato a progetti che tarmo ancora fatica “a scalare” — commenta Beatrice Lamonica, responsabile Circular economy di Accenture Strategy Italia —. Ma c’è una forte responsabilità delle grandi aziende nel far crescere le piccole: noi cerchiamo di favorire rincontro», il cambiamento coinvolge tutti i settori, in maniera trasversale. La grande distribuzione è alle prese con un mutamento strutturale nelle varie fasi della filiera, dai fornitori alla supply chain, al packaging.
«In Conad scegliamo per il 70% produttori italiani e stiamo cercando di limitare gli spostamenti di merci — commenta il direttore generale Francesco Avanzini —. E lavoriamo con Novamont per utilizzare imballaggi a impatto zero». All’azienda novarese di bioplastiche va il plauso dell’economista: «In Sardegna ha convertito una raffineria di Porto Torres alla produzione di bioplastiche partendo dal cardo, una pianta assai diffusa nel Mediterraneo. È una rivoluzione: sacchetti, piatti e altri oggetti completamente riciclabili perché fatti con i cardi». Anche così nascono una nuova cultura, una nuova consapevolezza: «I giovani non devono essere frustrati, gli adulti devono ispirarli a creare un nuovo mondo, e a diventare loro stessi innovatori — chiude Pauli —. Del resto, sono loro i consumatori e, soprattutto, gli imprenditori di domani».
di Giulia Cimpanelli
(da L’Economia del Corriere della Sera del 24 febbraio 2020)