Alcuni spunti di riflessione, proposte di rinnovamento di alcuni servizi e di miglioramento di processi organizzativi
per rendere più forte il Servizio Sociosanitario di Regione Lombardia

 

Vorrei avere la bacchetta magica per poter rendere la sanità in Lombardia più prossima, responsabile e sostenibile non solo per far fronte all’emergenza che stiamo vivendo e con cui dovremo convivere ancora a lungo, ma per essere pronti a gestire altre future situazioni critiche. Dovendo fare i conti con la realtà e non avendo “formule” a disposizione, mi limito a lanciare degli spunti di riflessione, delle proposte di rinnovamento di alcuni servizi e di miglioramento di processi organizzativi per rendere più forte il Servizio Sociosanitario di Regione Lombardia.

Il punto di partenza deve essere necessariamente un’azione a livello territoriale, che parta dagli ospedali e dai sistemi di accesso del cittadino ai servizi sanitari.

Il primo passo è la definizione di una struttura regionale forte e autorevole con compiti di programmazione e coordinamento delle attività di prevenzione, raccolta ed elaborazione dati, valutazione della efficacia ed efficienza dei percorsi di cura e preparazione alle emergenze sanitarie.
Sul territorio occorre ridare a chi lavora in prima linea, sanitari in grado di intercettare domande e bisogni, la responsabilità gestionale e clinica dei percorsi di diagnosi e cura.

I bisogni delle persone fragili, a domicilio, non sono solo sanitari, medico-infermieristici o riabilitativi, ma comprendono sostegni e tutele sociali e si riferiscono anche a situazioni della vita quotidiana. Attualmente l’assistenza domiciliare ruota intorno per lo più a “caregiver” familiari, spesso anziani e fragili, o su badanti.
È necessario allora un ventaglio di supporti in rapporto ai gradi di fragilità, non solo nelle fasi acute o nei soggetti più deboli.

Il ruolo del medico di medicina generale è cruciale e la sua figura è attualmente insostituibile. Va inserito in un sistema “misto” di libero professionista e di “dipendente”, assimilato cioè ai medici ospedalieri. In tal modo verrebbe incentivato il senso di appartenenza all’azienda sanitaria e garantiti sistemi di tutela di cui usufruisce il medico ospedaliero.

I Presidi Ospedalieri Territoriali (POT), Presidi Sociosanitari territoriali (PREST), Case della salute, Case di comunità, Centro di salute mentale, Consultori, strutture di zona, strutture private accreditate, strutture adiacenti o in continuità con ospedali di riferimento, strutture create ex novo come prefabbricati o tensostrutture sono presenti sul territorio e vanno implementati.

La legge 23/2015 è servita, in parte, a dare impulso al territorio nella gestione della cronicità, per la continuità di cura, ma serve ora un cambiamento radicale, che consenta una visione più inclusiva con la valorizzazione dell’ospedale.

Inoltre, nell’ottica di innovare, semplificare e integrare l’accesso e i contatti tra cittadino e Sistema Socio-Sanitario bisognerebbe pensare e operare affinché qualsiasi luogo fisico della rete sociosanitaria rappresenti un nodo dello stesso sistema e quindi un punto di accesso a tutti i servizi.

In conclusione, flessibilità (dell’organizzazione, superamento di schemi rigidi); prossimità (dei servizi, loro dislocazione dove servono); semplificazione dei processi (organizzativi, orizzontali e trasversali); interoperabilità dei sistemi informativi tra attori diversi del sistema sanitario dovranno essere le parole chiave che ci accompagneranno e impegneranno nelle future sfide.
Insieme.

di Carmelo Ferraro
Direttore dell’Ordine degli Avvocati di Milano

(da CSRoggi Magazine, anno 7, n.1Gennaio/Febbraio 2022, pag. 48)

 

 

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