In Italia, c’è la necessità di interventi importanti e urgenti per la protezione delle risorse idriche. Si tratta, tuttavia, di un problema che richiede un approccio multilivello, capace di mettere a sistema le esigenze di tutela del capitale naturale con quelle di sviluppo economico delle comunità.
L’accesso all’acqua è tra le tematiche più rilevanti per uno sviluppo equo e sostenibile. La tutela delle acque è un obiettivo trasversale a tutta l’Agenda 2030, che ben evidenzia la stretta interrelazione tra i 17 goal per lo sviluppo sostenibile.
Già la lettura del goal 6 consente di rilevare la stretta relazione tra la disuguaglianza sociale e la possibilità di accedere alle fonti di approvvigionamento delle risorse idriche.
In particolare, i target 6.1 e 6.2 indicano, quali obiettivi, quello di garantire entro il 2030, da un lato, “l’accesso universale ed equo all’acqua potabile che sia sicura ed economica per tutti” e, dall’altro, “l’accesso ad impianti sanitari e igienici adeguati ed equi per tutti (…) prestando particolare attenzione ai bisogni di donne e bambine e a chi si trova in situazioni di vulnerabilità”.
Da questo punto di vista, è quasi esplicito il rimando al goal 1 (sconfiggere la povertà) e al goal 10 (ridurre le disuguaglianze). Infatti il goal 1 indica, ai target 1.4. e 1.5., la necessità di assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i poveri e i vulnerabili, abbiano uguali diritti riguardo all’accesso alle risorse naturali cosi come ridurre la vulnerabilità a eventi estremi legati al clima e ad altri shock e disastri economici, sociali e ambientali, mentre il goal 10 include, tra l’altro, tra i propri target, quello di potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, status economico o altro.
Rispetto a questi obiettivi, il raggiungimento del goal 6 è rilevante in quanto:
- la disponibilità di acqua potabile in casa o a poca distanza evita l’impiego di risorse economiche e personali per il trasporto da fonti lontane: in buona sostanza la maggiore accessibilità all’acqua aumenta il tempo a disposizione per le attività produttive, l’istruzione,
- sviluppo degli affari, o la famiglia. L’impatto è evidente in alcuni contesti dove, ancora oggi, donne e bambini trascorrono buona parte del loro tempo alla ricerca dell’acqua potabile;
- la separazione dell’acqua potabile dalle acque reflue è elemento fondamentale per la longevità nell’uomo: la realizzazione di infrastrutture sanitarie consente alle comunità di debellare le malattie trasmissibili dall’acqua e di progredire anche a livello economico.
Invece, è l’investimento nel goal 11 (città e comunità sostenibili) che può influire positivamente su target del goal 6 quali il 6.3 (riduzione dell’inquinamento, eliminando le pratiche di scarico non controllato e riducendo al minimo il rilascio di sostanze chimiche e materiali pericolosi) e il 6.4. (aumento dell’efficienza idrica in tutti i settori).
In questo senso, si può osservare che le acque dolci del pianeta sono state impoverite a causa di prelievi indiscriminati, prodotti contaminanti, inquinamento da concimi (eutrofizzazione) o altre attività umane.L’abuso umano e la cattiva gestione delle acque dolci ha diminuito la qualità e quantità delle acque fruibili. Non solo, come insegnano anche le recenti tragedie italiane, tutte le modifiche per l’utilizzazione del suolo hanno conseguenze quali l’alterazione della portata dei fiumi e l’aumento del rischio di inondazioni. La stessa progettazione – a tutti i livelli – degli insediamenti umani ha un significativo impatto sulla tutela e valorizzazione delle acque.
A poco più di cinque anni dalla scadenza del 2030, il raggiungimento del goal 6 risulta però ancora lontano, anche nei paesi industrializzati. Quanto all’Italia, il rapporto Asvis del 2023 evidenzia che dell’acqua immessa nelle reti idriche il 42,4% non giunge a destinazione ma viene dispersa. Tale percentuale di dispersione impatta evidentemente sulla vita delle persone tanto che la percentuale di famiglie insoddisfatte per la continuità dell’erogazione dell’acqua era salita dall’8,7% del 2014 al 9,7% del 2022.
È da segnalare che, secondo i dati Istat, nel 2021 è stato in crescita il numero dei comuni capoluogo di provincia e città metropolitana che ha adottato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile: in 15 dei 109 comuni (+4 comuni rispetto al 2020). Inoltre se, per molti anni, il razionamento è stato una esclusiva prerogativa dei capoluoghi del sud Italia, nel 2021 ha riguardato anche un capoluogo del Nord (non accadeva dal 2010) e uno del Centro (dal 2018). Nel frattempo peggiora anche la fiducia degli italiani sulla qualità delle acque. Ancora Asvis segnala che nel 2022 il 29,4% delle famiglie (quasi una famiglia su tre) non beve – va l’acqua del rubinetto.
Questi dati evidenziano, anche in Italia, la necessità di interventi importanti e urgenti per la protezione delle risorse idriche. Si tratta, tuttavia, di un problema che richiede un approccio multilivello, capace di mettere a sistema le esigenze di tutela del capitale naturale con quelle di sviluppo economico delle comunità.
Da questo punto di vista, il solo intervento top down dei regolatori e delle autorità centrali è destinato a rimanere inefficace e si comprende, allora, l’accento posto dall’Agenda 2030 (target 6.b.) al sostegno e rafforzamento della partecipazione delle comunità locali nel miglioramento della gestione idrica e fognaria.
di Marco Cristiano Petrassi
Avvocato
( da CSRoggi Magazine – n.3 – Anno 9 – Giugno/Luglio 2024; pag. 44 )