ING Bank, fondata nel 1991 in Olanda, è presente in Italia dal 2001, anno in cui fu lanciato il conto di deposito Conto Arancio. Oggi ING è tra le prime banche online del nostro Paese per numero di clienti, sono circa 1.200.000, e vanta un volume di attività di oltre 21 miliardi di euro.
L’impegno sostenibile di ING è distribuito in tutti i campi d’azione – come dimostra la frase che ne indica la mission «Sostenibilità al centro di quello che facciamo” –: finanziario, economico, innovazione, governance, gender equality, diversità, ambiente e garanzia dei diritti.
Da questo punto di vista della sostenibilità, fiore all’occhiello di ING Italia è Job Digital Lab, progetto di formazione che lo scorso 10 novembre è stato riconosciuto tra i migliori progetti di CSR e sostenibilità nella categoria “Finance” dei Sustainability Awards di LC Publishing Group.
Ne parliamo con Silvia Colombo, Head of Communications & CSR ING Italia.
Dott.ssa Colombo, com’è nata l’idea di Job Digital Lab?
«È nata da un cambio d’approccio che ING ha voluto attuare a livello globale per quella che nel Gruppo viene chiamata Community Investment, terminologia che ci piace molto perché spiega bene il concetto di investire sulla comunità, cioè sul contesto sociale e socio-economico in cui si è inseriti. Il passo che il Gruppo ha voluto fare è stato quello di dare un maggior rilievo alle realtà locali, là dove ING è presente, nella convinzione che nel percepito delle persone l’azienda che investe in qualcosa “che è vicino” gratifica di più e favorisce la nascita di un rapporto che può diventare duraturo nel tempo e ricco di soddisfazione per tutti i soggetti coinvolti».
L’idea è stata dunque quella di offrire competenze digitali a chi ne ha bisogno. Come siete arrivati a questa scelta?
«È un’idea già insita nel motto del Gruppo, che è “Empowering people to stay a step ahead in life and in business”, dare cioè strumenti alle persone per stare un passo avanti nella vita e nel lavoro. Quella delle digital skill è un’esigenza dei nostri tempi e che in Italia è oltretutto molto reale e sentita. Non abbiamo scelto o imposto noi il progetto: abbiamo iniziato a fare uno scouting con varie realtà – ONG, Terzo settore, organizzazioni che potevano fornire iniziative di questo tipo – e alla fine abbiamo scelto il progetto che più ci ha convinto, quello proposto da Fondazione Mondo Digitale».
Qual è il target di riferimento di Job Digital Lab, nato nel 2020 e quindi quest’anno giunto alla sua terza edizione?
«Ci rivolgiamo a target molto differenziati tra loro. Il progetto parla in primo luogo ai NEET, cioè ai giovani non ancora impiegati che non stanno né studiando né lavorando e alle donne, che rappresentano il 70% delle partecipazioni. Ma, in generale, si rivolge a chi non ha un lavoro, a chi ce l’ha ma vuole acquisire competenze in più, a piccoli imprenditori desiderosi di accrescere le proprie conoscenze in ambito digitale. Una buona parte dei partecipanti alle prime due edizioni sono state donne con piccole idee imprenditoriali che non sapevano bene come muoversi, per cui sono state affiancate in un percorso di sistematizzazione della loro idea iniziale o nella stesura di un piano di investimento. Hanno avuto, in pratica, la possibilità di capire come piccole realtà imprenditoriali possano beneficiare, oggi, dell’ausilio degli strumenti offerti dal mondo digitale».
Non vi rivolgete, dunque, solo alle persone disoccupate…
«Non solo a loro. È fuori di dubbio che il primo obiettivo di Job Digital Lab sia stato quello di fornire strumenti, soprattutto durante e dopo la pandemia del 2020, per chi aveva perso il posto di lavoro. Poi in realtà il progetto si è evoluto, al di là di quello specifico bisogno abbiamo deciso di “allargarne” la portata in considerazione del fatto che i dati relativi alla digitalizzazione italiana, così come quelli della formazione professionale, ci vedono in classifica ben indietro rispetto alla media europea. Per questo abbiamo deciso di modificare il pay off del progetto, che inizialmente era: “La formazione che ti rimette in gioco”, trasformandolo in “La formazione che ti mette in gioco».
Come sono organizzati gli incontri?
«Si tratta di singoli incontri gratuiti della durata di circa 2 ore in cui vengono trattate tematiche diverse, dal digital marketing all’e-commerce, da come ripensare le realtà imprenditoriali attraverso i nuovi media a come costruire un’identità di brand per riuscire a valorizzare un servizio. Sono incontri che possiamo definire di alfabetizzazione digitale, che hanno il fine di fornire una struttura di base che possa servire a far capire come orientarsi in questo mondo. Gli incontri sono organizzati sul territorio e – in attuazione della nostra volontà di creare network tra le varie realtà interessate – prevedono la partecipazione di realtà imprenditoriali locali di successo, chiamate ad affiancare i formatori nel racconto di ciò che succede nei vari settori. A tutto questo abbiamo aggiunto, dallo scorso anno, una formazione effettuata con brevi video della durata di 5 minuti che pubblichiamo su Instagram e sul sito della Formazione Mondo Digitale, uno strumento che ci permette di raggiungere un target ancora più ampio e numeroso».
In definitiva, quale obiettivo si pone ING con l’attuazione di questo progetto di formazione?
«L’obiettivo di Gruppo è quello di creare un’economia più inclusiva attraverso lo sviluppo di competenze digitali, che riteniamo essere sempre più utili per la trasformazione economica e sociale che è in atto. Un intervento che vogliamo fare mantenendoci il più possibile vicini al territorio, quindi alle realtà locali, anche coinvolgendo chi lavora in ING che, su base volontaria, può dedicare parte del suo tempo nel raccontare la propria esperienza professionale o personale in relazione a tematiche definite volta per volta con i formatori, Non è un caso che ING abbia un obiettivo di questo genere, dal momento che si tratta di un’azienda che, accreditandosi come banca digitale in momenti in cui non c’era niente di simile sul mercato, può essere inserita tra i pionieri del cambiamento di mentalità culturale che ha alla sua base la digitalizzazione. Ci è sembrato quindi del tutto normale concentrare le nostre azioni di CSR sulla diffusione delle competenze digitali, è una scelta del tutto coerente con la nostra identità d’azienda».
di Luca Palestra
(da CSRoggi Magazine – Anno 7 – n.5/6– Dicembre 2022; pag. 26)