Nuova consapevolezza sui rischi ESG, maggiore pressione normativa, aumento della trasparenza nelle scelte finanziarie da parte dei clienti: questi i tre motivi principali che hanno portato in modo diffuso il principio dell’essere sostenibili nelle aziende, in particolare nelle agende dei loro “piani alti”.
Stiamo assistendo a una significativa crescita d’interesse per il tema della sostenibilità, soprattutto nel mondo delle imprese. Crescita che ha un andamento esponenziale piuttosto che lineare portando il tema per la prima volta in modo diffuso nell’agenda dell’alta direzione.
Tre, a mio parere, sono le motivazioni principali.
La prima, di natura più individuale, è la nuova consapevolezza, generata dalla pandemia, che i rischi ESG (Environmental, social and governance) subiti possono avere un effetto dirompente sulle attività ordinarie, e non solo indirizzare scelte di sviluppo strategico. Di conseguenza che non possono più essere ignorati, ma anzi che necessitano sia dello sviluppo di infrastrutture di business continuity che rendano le imprese resilienti, sia dell’impegno di tutti perché la loro frequenza e gravità venga ridotta.
La seconda, oggettiva e incontrovertibile, è la crescente pressione normativa che, soprattutto la Commissione Europea, spinta in primis dalla lotta alla crisi climatica, sta attuando. L’obbligo normativo, è evidente, porta necessariamente le imprese ad interrogarsi su alcuni temi, se poi, come è evidente nella tassonomia, l’obbligo è di rendicontazione ed è attraverso questa che innesca meccanismi migliorativi sul core business. Gli obblighi di trasparenza sono e saranno fondamentali per indirizzare i mercati, e quindi cambiare i comportamenti.
La terza motivazione è in realtà una derivata delle altre due. In questo contesto il mondo della finanza è stato oggetto di diversi interventi normativi, nella maggior parte dei casi con l’obiettivo di migliorare la trasparenza per rendere il cliente consapevole delle conseguenze delle proprie scelte. Naturalmente quando si devono pubblicare delle informazioni, si pone maggiore attenzione alla performance e si adottano politiche e processi migliorativi che impattano sull’attività caratteristica, e quindi che influenzano l’intero settore produttivo, che per accedere alle risorse deve, a sua volta, migliorarsi. La finanza funge così da innesco per la diffusione di attenzione ai livelli manageriali sul tema.
In questo contesto il mestiere del Sustainability maker è cambiato parecchio, ha dovuto interfacciarsi molto di più con gli organi di governo, è stato spinto fuori dall’area di confort della rendicontazione coinvolto nei processi di pianificazione ma soprattutto in quelli di interazione con il mercato finanziario, è cresciuta la pressione sulle performance nei rating degli analisti SRI (Social Responsible Investing) e compilare i questionari è diventato un mestiere alla stregua di redigere il Bilancio, infine si è passati da un mondo in cui i riferimenti erano gli standard, documenti tecnici, a uno in cui le direttive diventano l’oggetto principale di lettura.
di Marisa Parmigiani
Responsabile Sostenibilità Gruppo Unipol
Direttrice Fondazione Unipolis
(da CSRoggi Magazine, anno 7, n.1, Gennaio/Febbraio 2022, pag. 7)