Questo numero di CSRoggi è dedicato alla rendicontazione sociale e di sostenibilità, tema centrale per diffondere e integrare nella vita delle organizzazioni – pubbliche, private e non profit – la cultura della sostenibilità e della gestione responsabile.

Come sperimento da più di vent’anni, un buon Bilancio di sostenibilità permette di Rendersi conto per rendere conto®, come esplicita il metodo Refe. La fase del rendersi conto consente di ricostruire missione e valori, esplicitare obiettivi e strategie, chiarire la governance e misurare risultati, effetti e impatti. È la base per aumentare il commitment del board, la consapevolezza dei diversi livelli dell’organizzazione e il senso di appartenenza. L’esito di questa analisi attiva una comunicazione di senso, credibile e verificabile sul valore sociale, economico e ambientale prodotto (rendersi conto). È la base per una partecipazione informata e consapevole degli stakeholder. Il reporting, costruito sulla base di questo metodo, consente di supportare più efficacemente le decisioni del board e soddisfare le esigenze informative dei diversi interlocutori (soci, investitori, personale, clienti e consumatori, fornitori, comunità, ecc.), rinforzando posizionamento, competitività e reputation.

Bilanci Sociali e di Sostenibilità, Dichiarazioni non Finanziarie e Report Integrati sono sempre più diffusi, ma non sempre producono effettivi benefici sulla dimensione strategico-gestionale e su quella comunicativa, ripagando tempo, risorse ed energie comunque investite.

Quali sono, dunque, i requisiti per costruire un efficace Bilancio di Sostenibilità? Mi soffermo su tre aspetti del processo di reporting, che risultano fondamentali per una rendicontazione di qualità: una solida governance interna della sostenibilità; un sistema di indicatori e metriche per monitorare il raggiungimento di policy e obiettivi; l’attivazione di una comunicazione continuativa e di percorsi di stakeholder engagement.

L’integrazione della sostenibilità nella cultura, nelle strategie e nei processi aziendali richiede prima di tutto un commitment effettivo del board, che sia disposto ad adottare un approccio orientato alla creazione di valore nel medio-lungo periodo, coniugando i risultati di bilancio con gli effetti e impatti prodotti sull’ambiente e sulla qualità delle relazioni con gli stakeholder. Questo aspetto è sottolineato anche dal nuovo Codice della Corporate Governance che, nel gennaio 2020, introduce il concetto di «successo sostenibile» come il principio guida dell’azione del CdA e affida proprio all’Organo di amministrazione il compito di integrare gli obiettivi di sostenibilità nel Piano industriale e nei sistemi di controllo.

Se il board rappresenta il motore di questo processo, definendo indirizzi e priorità, è, tuttavia, il coinvolgimento di tutti i livelli di responsabilità interni che ne permette l’attuazione nel concreto.

Il tema della governance è strettamente collegato a quello della misurazione. Per verificare in itinere il raggiungimento del Piano industriale, costruito in una logica di sostenibilità, e darne conto all’interno del Bilancio di Sostenibilità è, infatti, necessario integrare nel sistema di monitoraggio la dashboard sulla sostenibilità, assicurando una rendicontazione significativa, trasparente e verificabile tanto per i decisori interni quanto per i soggetti esterni.

Del resto, sul tema delle metriche si gioca, anche nel dibattito internazionale, la capacità di verificare nei fatti e rendere comparabile il contributo delle organizzazioni allo sviluppo sostenibile. Metriche che sono diventate oggetto di attenzione anche da parte del mondo della finanza, che sta progressivamente orientando scelte di investimento e condizioni di accesso al credito sulla valutazione dei fattori ESG (Environmental, Social e Governance).

Infine, la valutazione di effetti e impatti non può essere autoreferenziale, ma richiede l’attivazione di forme di comunicazione e coinvolgimento. A tal fine, il reporting offre una base informativa chiara e strutturata per far conoscere l’azienda e fornire chiavi di senso, comprensibili anche ai non addetti ai lavori, per supportare una valutazione consapevole e l’apprendimento reciproco tra l’impresa e i suoi interlocutori, in una logica di miglioramento continuo.

Inoltre, la condivisione di questi elementi consente all’impresa di non agire in modo isolato, ma di costruire con gli stakeholder, interni ed esterni, un sistema chiaro di corresponsabilità per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Quest’ultimo è certamente l’elemento su cui i sistemi di rendicontazione tradizionali non sono spesso riusciti a centrare l’obiettivo.
È la rendicontazione digitale che può aiutare davvero le imprese a fare un salto di qualità, concretizzando i benefici del reporting in termini di comunicazione innovativa, posizionamento distintivo e marketing.

Tema, quello della rendicontazione digitale, che approfondiremo nel prossimo numero di CSRoggi, anch’esso dedicato al reporting. In questa uscita, trovate la prima parte di una rassegna di best pratice, che ci auguriamo possa offrire spunti utili per far crescere la qualità della rendicontazione sociale e di sostenibilità e aumentare la consapevolezza della centralità di questo strumento che – se non è inteso come mero adempimento – può rappresentare una leva di trasformazione, in grado di innovare cultura organizzativa, metodologie gestionali e prassi relazionali e contribuire così alla costruzione dell’Italia di domani.

di Cristiana Rogate
Fondatrice e Ceo di Refe

(da CSRoggi Magazine, anno 6, n.4, Settembre/Ottobre 2021, pag. 16)

 

 

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