Bruno Calchera

Riprendiamo volentieri l’articolo di Emily Capozucca del Corsera (pag.43).
Il tema della transizione climatica è oggetto dell’intervento di Laura Ponti, vicepresidente di Confindustria con delega agli obiettivi di Sostenibilità.

Il punto di partenza è quanto accaduto e accade negli Stati Uniti di Trump: sono evidenti le azioni portate avanti fino ad ora che hanno “indebolito le politiche ambientali precedenti e alcuni rallentamenti avvenuti nel nostro continente: come ad esempio la Direttiva UE che ha posticipato l’entrata in vigore alcuni obblighi di Rendicontazione e un rallentamento degli sforzi per la sostenibilità”.

E’ parso in alcune circostanze – dalle dichiarazioni di alcuni politici nostrani – di leggere una certa soddisfazione per tali posizioni americane. Ad esempio la valorizzazione della parola “pragmatismo”: una parola ultimamente abusata, comoda per giustificare il rallentamento deli impegni verso la Trasformazione Ambientale e Climatica attraverso percorsi suggeriti dalla cultura della Sostenibilità.

“Il fare ciò che si può” un’ottima posizione per giustificare l’attendismo di molti, specialmente nel Governo, per indicare l’inutilità di certe accelerazioni portate avanti dalla Unione Europea in tema di cambiamento sostenibile. E’ pur vero che alcune Direttive europee verdi peccavano di “utopia verde” e facevano da alimento di azioni maggiormente a provocazione sociale di gruppi ambientalisti, con atti anche di natura violenta. Così l’allarmismo ambientale ha ingenerato paura e fatalismo sulle catastrofi climatiche cui era necessario porre rimedio.
Rimedi che non erano da porre solo oggi, ma da più di 30 anni.

“Gli Usa sono comunque il principale produttore di tecnologie green, – ha suggerito Laura PontiIn Italia tante imprese si stanno muovendo in questa direzione. Siamo una delle economie più sostenibili” (…) Sicuramente la transizione ecologica ha un prezzo per le imprese ma le conseguenze del cambiamento climatico, se non affrontato, tra alluvioni e disastri ambientali, avrebbe costi ben maggiori”.

E’ una affermazione convincente: probabilmente nel passato, 10 o 20 anni fa il tema non si poneva. Il tema dei rifiuti negli alvei di torrenti e fiumi non era citato nelle prime pagine dei giornali, sembrava che tutto fosse permesso. In secondo luogo non era che agli albori la pratica dell’Economia Circolare, che apparteneva a imprenditori molto illuminati.

L’Europa ha dato obiettivi rigidi, l’Agenda 2030 dell’ONU ha sottolineato linee di intervento ben precise. Peccato però che l’Europa a fronte di impegni chiesti all’economia degli Stati non è stata così premurosa da accompagnare tali indicazioni con risorse economiche per sostenere la Transizione Sostenibile.

“Non mettiamo abbastanza risorse – continua la dr.a Ponti – e pensiamo che basti normare. Invece per cambiare servono condizioni: finanziamenti, incentivi, semplificazioni, velocità decisionali. Le normative UE si sommano a quelle nazionali, che sono diverse da stato a stato. Serve un’unione non solo politica. Basta seguire la linea Draghi: Integrazione, Innovazione, ricerca, mercato unico, infrastrutture energetiche allora potremmo affrontare tutto con più forza.”

Sulla facilità a normare in Italia siamo tra i primi, al punto che non ricordiamo nemmeno più le leggi che sono state promulgate da Stato e Regioni per le tematiche ambientali. Non è stato fatto ancora uno studio sull’argomento. Probabilmente si scoprirebbero contraddizioni difficilmente districabili.

La posizione di Confindustria è abbastanza ben delineata.
Che la Vicepresidente Ponti abbia la delega sulla sostenibilità ci pare un ottimo segnale per suggerire ai diversi CDA aziendali di dotarsi di analoghe funzioni, ma con peso specifico nella operatività.
Da qui nasce una rinnovata cultura della Governance.

(17 maggio 2025)
(Foto di PIRO da Pixabay)

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