Continuità nelle forniture energetiche e contrasto ai cambiamenti climatici, queste le sfide principali della società che ha la sua sede centrale a Milano e che lo scorso maggio ha presentato la sua Dichiarazione non Finanziaria 2022. Ne parliamo con Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer di Edison.
Lo scorso 17 maggio Edison, la più antica società energetica in Europa con 140 anni di storia, ha presentato la sua Dichiarazione non Finanziaria 2022, nella quale sono state prima di tutto evidenziate le sfide più importanti affrontate in un anno definito dalla stessa azienda “eccezionale per complessità e sfide”: garantire la continuità delle forniture energetiche e proseguire nel contrasto ai cambiamenti climatici attraverso un’ordinata transizione alle energie rinnovabili. Ne parliamo con Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer di Edison.
Dottoressa Terenghi, quali sono i risultati da voi ottenuti in queste due direzioni?
«Nel corso del 2022 abbiamo dovuto rispondere a una sfida inattesa, quella della sicurezza delle forniture, dal momento che – con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e con tutto ciò che ne è conseguito – si è creato un problema legato alle forniture di gas per l’Italia e per molti Paesi europei. A seguito di questo, la nostra azienda, che in Italia copre il 20% dell’importazione di gas, ha dovuto operare per massimizzarne l’importazione dai suoi diversificati contratti di fornitura, a beneficio di una maggior sicurezza del sistema energetico complessivo».
In ambito di transizione alle energie rinnovabili, invece, quali passi avete compiuto?
«A livello di sistema, la crisi energetica che si è venuta a creare ha spinto i governi e la Commissione Europea a guardare con attenzione ancor più favorevole alle rinnovabili – alimentate prevalentemente da sole e vento – dal punto di vista dei processi autorizzativi, in una logica non più solo di decarbonizzazione, ma anche con l’obiettivo di rendersi, progressivamente, più indipendenti dalle forniture estere. Da questo punto di vista lo scorso anno Edison ha ampliato la sua capacità di energia rinnovabile dell’ordine dei 100 megawatt, si tratta di un impegno che ci ha consentito di continuare la nostra traiettoria di significativa crescita, visto che entro il 2030 ci siamo posti l’obiettivo di duplicare la nostra attuale capacità installata. Lo faremo anche investendo sulla flessibilità del sistema perché, come sappiamo, le energie rinnovabili non sono programmabili se non in parte e quindi c’è la sfida di garantire opportune soluzioni di stoccaggio dell’energia, a partire dalla tecnologia dei pompaggi idroelettrici».
Qual è l’impegno di Edison nei confronti dell’impatto ambientale?
«I nostri siti “industriali” sono al 99% certificati ISO 14000, a dimostrazione del fatto che la cultura dell’impatto ambientale è assolutamente intrinseca alla nostra storia di operatori energetici. Detto questo, la nostra attenzione verso l’ambiente oggi si estende anche ai temi del capitale naturale e della biodiversità, con un interesse volto non solo a rispettare tutte le normative ambientali, ma anche a far sì che tutti gli elementi naturali siano attivamente protetti sia in fase di realizzazione di nuovi impianti, sia in quella di gestione degli impianti già esistenti. Per poter fare questo con la massima attenzione, abbiamo predisposto una mappatura dei nostri siti operativi per capire quali sono i tipi di ecosistemi in cui operiamo, quali criticità presentano, che cosa possiamo fare per rispettarne e valorizzarne l’essenza. Da qui sono nati progetti di rinaturalizzazione, di protezione della flora e della fauna, spesso anche in collaborazione con scuole e realtà che vivono e lavorano sul territorio, cui è stato assegnato il ruolo di “sentinelle attive”, con il compito di vigilare sull’attuazione dei progetti».
All’interno della vostra DNF, colpisce l’attenzione al concetto della “umanizzazione della transizione energetica”. Che cosa si intende, nello specifico?
«L’idea è quella di focalizzare l’attenzione anche sull’importanza del singolo, o dei singoli, come figure che possono dare un significativo contributo alla transizione energetica. Perché spesso il tutto parte da una scelta individuale, che può essere quella di posizionare l’impianto solare sul tetto della propria casa o del proprio capannone, per diventare poi una consapevolezza di sistema. Da questo punto di vista oggi la normativa nazionale ed europea mette a nostra disposizione lo strumento delle comunità energetiche rinnovabili, che prevede che a livello locale, in perimetri definiti, si possano mettere in comune le produzioni e i consumi di energia, massimizzando l’utilizzo di quanto prodotto localmente e ottimizzando le richieste energetiche di ogni singolo partecipante alla comunità. Una dimensione collettiva che oggi nasce e diventa più umana, più sociale».
Spesso si sente parlare di soggetti, persone fisiche o aziende, che mostrano grande difficoltà nel pagare l’energia consumata. Qual è il vostro approccio verso quello che a volte diviene un vero e proprio problema di sopravvivenza?
«Umanizzare la questione significa anche ricordare che dietro ai fenomeni di consumo ci sono sempre le persone, con le loro difficoltà. Nel 2022 abbiamo visto che non c’era solo il tema della disponibilità dell’energia, da affrontare, ma anche quello del prezzo dell’energia e delle difficoltà mostrate da molti nel pagare la “bolletta”. Da qui è partita l’azione di Governo che, per tutto l’anno, ha messo a terra i bonus sociali, ma anche l’attivazione degli operatori – e tra questi Edison – che si sono mossi da un lato per sensibilizzare sul consumo responsabile dell’energia, dall’altro per sostenere le situazioni caratterizzate da particolare difficoltà. Da operatore responsabile, la nostra azienda aderisce al Manifesto “Insieme per contrastare la povertà energetica” e fa parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione del Banco dell’Energia.
Nello specifico abbiamo voluto devolvere 2 milioni di euro a Fondazione Banco dell’energia e alla Fondazione EOS – Edison Orizzonte Sociale per la realizzazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili finalizzati alla costituzione di comunità energetiche solidali. L’idea è quella di non fermarsi al solo sostegno dei costi energetici di nuclei familiari vulnerabili, ma di fare in modo che gli enti, in questo caso quelli del Terzo settore, possano costituire comunità energetiche con produzioni rinnovabili che sappiano poi essere sostenibili energeticamente nel tempo, così che il problema sia risolto anche nel futuro e non solo in modo estemporaneo».
Per chiudere, dottoressa Terenghi, quali sono le direttrici verso cui volete andare, quali i principali obiettivi che volete raggiungere nell’immediato futuro?
«I nostri obiettivi di sostenibilità al 2030 sono pubblici e riportati nella Dichiarazione non Finanziaria. Qui vorrei una volta di più ribadire quali sono i quattro assi della nostra politica di sostenibilità, anch’essi pubblici e su cui ci siamo impegnati: l’azione di contrasto al cambiamento climatico, la protezione attiva del capitale naturale e del paesaggio, lo sviluppo del capitale umano e la valorizzazione della diversità e, infine, il concetto, in cui crediamo molto, del valore per i clienti e per le comunità, perché per noi la transizione è un’opportunità di sviluppo socio-economico, non è un depauperamento del Paese, dell’economia e delle comunità. Crediamo in modo assoluto che ci siano le potenzialità perché sia davvero il contrario di questo».
di Luca Palestra
(da CSRoggi Magazine – Anno 8 – n.3 – Giugno/Luglio 2023; pag. 16 )