Creare un futuro fatto di energia sostenibile: questo il fulcro su cui poggia la mission di Edison, la più antica società europea nel settore dell’energia, una tra le principali società energetiche in Italia e in Europa. Un vasto e variegato insieme di impegni, attuazioni sul territorio, soluzioni e progetti che bene sono stati illustrati nella Dichiarazione non Finanziaria 2021, documento del cui contenuto parliamo con Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer di Edison.
Dottoressa Terenghi, nella Dichiarazione non Finanziaria 2021 sottolineate che il vostro obiettivo è “Essere leader nella transizione energetica e operatore responsabile”. In quale modo?
«Abbiamo costruito la nostra Dichiarazione non Finanziaria così che possa testimoniare in modo ampio e sistemico il nostro impegno e questa frase sintetizza bene quali sono i nostri intendimenti.
Edison sposa gli obiettivi dello sviluppo sostenibile – facendo ovviamente riferimento all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e alle logiche sottese ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile – in riferimento al suo scenario di riferimento che è quello della transizione energetica, che si inquadra nella dinamica più ampia della transizione ecologica. Il nostro impegno è quello di costruire sistemi energetici a sostegno dello sviluppo delle economie, anche tenendo conto delle priorità indicate dall’ultimo G20, andato in scena lo scorso ottobre 2021 a Roma: “People, Planet, Prosperity”. Anche in questo momento, difficile dal punto di vista dei rapporti internazionali, non dobbiamo dimenticare questa nostra mission e dobbiamo continuare a fare la nostra parte».
In che cosa si concretizza l’intenzione di “fare la propria parte”?
«Vuol dire fare sì che i sistemi energetici che Edison contribuisce a realizzare e a sostenere nel tempo siano ESG compliance. Il nostro impegno di sostenibilità nei riguardi dell’ambiente si traduce nel fatto che lavoriamo perché l’impatto dei sistemi energetici sul clima e più in generale sull’ambiente sia minimizzato e perché questi sistemi possano essere sostenuti da tecnologie sempre più evolute e da modelli di gestione sempre più efficienti. In riferimento agli aspetti sociali vogliamo che l’energia costituisca un elemento di spinta non solo per le economie dei Paesi ma anche per quella di famiglie e imprese, in una logica di sostenibilità che tenga in forte considerazione anche la parte relativa al consumo. Infine, ci preoccupiamo che la governance di tutti questi processi energetici avvenga con grande trasparenza, con grande rispetto delle regole e grande solidità degli operatori».
Lei ha fatto cenno al difficile momento storico che stiamo attraversando. Ritiene che, per la situazione di emergenza energetica in cui ci troviamo, si corra il rischio di fare passi indietro dal punto di vista della sostenibilità applicata alla produzione e alla distribuzione dell’energia?
«C’è molto dibattito su questo. La maggior parte degli analisti converge su una lettura per cui, paradossalmente, questa situazione di crisi accelererà alcune dinamiche della transizione energetica perché ci porterà a considerare una situazione in cui l’autonomia energetica, quanto meno a livello di grandi regioni, diventerà strategica. Poi ci sarà da affrontare un tema importante legato a come sostenere i costi di questa transizione, questo sarà un passaggio fondamentale. Da questo punto di vista bisogna dire che alcune dinamiche sono già evidenziate, compresa quella della finanza privata che ha iniziato a intercettare massivamente gli investimenti sostenibili. È chiaro che bisognerà fare un esercizio di sostenibilità economica oltre che di strategia di innovazione e di ricerca, perché una gran parte del lavoro di transizione andrà fatto con tecnologie che oggi sono ancora ai primordi, anzi alcune di queste non sono ancora state completamente delineate».
Andiamo ad approfondire l’aspetto legato ai quattro assi su cui si sviluppa il vostro impegno di sostenibilità. Cominciamo dal primo, quello legato al cambiamento climatico…
«Il nostro primo impegno è mettere in campo soluzioni, produzioni e consumi che possano contribuire significativamente a raggiungere la neutralità carbonica e delle emissioni dei gas clima- alteranti. Il che significa anzitutto contribuire attraverso una serie di tecnologie che noi chiamiamo low-carbon, che abbiano fattori emissivi molto limitati e siano al tempo stesso al servizio della flessibilità del sistema. A questo proposito per esempio, stiamo ultimando la realizzazione di due centrali a ciclo combinato che saranno gli impianti più efficienti d’Europa. Ma abbiamo tanti progetti per il futuro e buona parte dei nostri investimenti riguarda tecnologie in grado di ridurre sempre più le emissioni di CO2».

Pale eoliche dell’impianto di Foiano di Val Fortore
E per quanto riguarda le energie rinnovabili, che cosa state facendo e avete in programma per il futuro?
«È l’altro grande campo di intervento. Noi abbiamo chiuso l’anno 2021 con due gigawatt di rinnovabili, confermandoci come il secondo produttore eolico del Paese oltre che un significativo produttore idroelettrico a livello nazionale.
Siamo inoltre impegnati nello sviluppo del fotovoltaico e abbiamo un piano che prevede di raggiungere 5 GW di nuova capacità rinnovabile installata al 2030, accompagnati da 1 GW di stoccaggio e flessibilità, che include sistemi di pompaggio idroelettrici e batterie, per garantire ulteriore sicurezza e adeguatezza del sistema».
Il secondo punto riguarda il capitale umano e l’inclusione. Da questo punto di vista, qual è il vostro impegno?
«Edison è un operatore storico, siamo in vita da 140 anni e la nostra attenzione al capitale umano è l’antesignana di tutti i temi di cui si parla oggi in ambito ESG, CSR, ecc. I nostri 5mila dipendenti sono la forza e il fattore più competitivo dell’azienda che, come risulta chiaramente dalle analisi di clima che noi realizziamo, è d’accordo all’88% sulle strategie di sostenibilità e di transizione energetica fin qui intraprese. La nostra è una delle aziende all’avanguardia su temi come formazione, sensibilizzazione e soprattutto welfare. Un altro fattore su cui stiamo lavorando e che consideriamo di fondamentale importanza è quello della diversity e del genere, con progetti dedicati come ad esempio la mentorship e la leadership. È una traiettoria di lungo termine, che parte da lontano, si può dire che quello sulle risorse umane sia un tema storico della società».
Molto importante, per voi, è ciò che sta al vostro esterno, cioè fornitori, territorio e clienti. E stiamo parlando del terzo asse… «La Dichiarazione non Finanziaria 2021 rivela che al 94% i nostri fornitori sono italiani e questa è già una precisa indicazione. E non stiamo parlando solo dei grandi fornitori, ma anche di quel ricco tessuto di imprese costituito da piccoli fornitori locali che sono fondamentali per la realizzazione dei nostri cantieri. Questa è per noi una cinghia di trasmissione fondamentale cui prestiamo grande attenzione perché se i nostri fornitori stanno bene sta bene anche tutta l’azienda. I territori sono molti importanti, per noi, perché da loro passa il tema importante dell’accettabilità delle infrastrutture energetiche. Vogliamo essere operatori affidabili, che oltre a progettare al meglio le infrastrutture restano sul territorio per mantenerle in efficienza e, al contempo, si impegnano ad attuare politiche di valorizzazione paesaggistica e naturale e di co-progettazione con le comunità. Riteniamo che questa sia la differenza tra gli operatori che hanno un’ottica più speculativa, di breve termine, e quelli che invece sanno che cosa vuol dire stare sullo stesso territorio da decine di anni».
In relazione al territorio, la produzione di energia rinnovabile è e sarà sempre più concentrata in particolare nel Sud dell’Italia. Questo potrà contribuire a dare una sterzata all’economia del nostro meridione?
«Sicuramente sì, è un’occasione preziosa per tutto il Sud Italia. Negli ultimi anni, per arrivare a raggiungere gli obiettivi rinnovabili, sono state messe in campo politiche di incentivazione che hanno dato campo libero a progetti messi in atto senza creare una vera e propria filiera industriale, per cui ad esempio le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici si comprano dalla Cina, non si è creato un vero valore né per il Paese, né per il singolo territorio. Le Regioni oggi chiedono alle aziende che producono energia un impegno maggiore, vogliono soluzioni integrate e legate all’economia del territorio, una richiesta che riteniamo condivisibile».

Centrale elettrica Bertini
E infine ci sono i clienti, qual è il vostro approccio sostenibile nei loro confronti?
«I clienti sono l’ultimo anello, ma non certo per importanza, della catena. I nostri clienti sono le famiglie, le imprese ma anche la pubblica amministrazione. Con questi ultimi lavoriamo per creare partnership sui temi della decarbonizzazione e per costruire strategie di medio termine che consentano non solo di rendere più efficienti i loro consumi, ma anche di renderli compatibili climaticamente. Anche con i clienti “piccoli” ci impegniamo con costanza per offrire loro offerte quanto più “verdi” possibile. Per noi l’avere un contatto diretto, personale, con i nostri clienti è fondamentale e a questo proposito abbiamo una rete di quasi 600 punti fisici e quasi 2mila installatori presso cui i nostri clienti possano trovare risposte alle loro richieste. Abbiamo ovviamente sviluppato molto i canali e i contatti digitali, ma sappiamo che l’Italia è un Paese composto da molti territori diversi fra loro e da molte persone che hanno l’esigenza di adottare ancora approcci relazionali più fisici. Per noi poter rispondere al cliente che bussa allo sportello, che viene nel negozio, è fondamentale. Del resto abbiamo constatato che molti operatori che avevano abbandonato il canale fisico oggi stanno facendo una veloce retromarcia».
E veniamo al quarto asse della vostra visione sostenibile, il capitale naturale e il paesaggio. Che cosa ci dice a questo proposito?
«Il rispetto del capitale naturale sta diventando per le aziende sempre più rilevante in una logica di strategie di medio-lungo termine, perché significa avere piena consapevolezza degli ecosistemi e delle risorse naturali su cui si investe, in una logica di preservazione e di ricerca della versione più corretta della sostenibilità, che è quella che pensa al benessere delle generazioni future. Ciò vuol dire prestare la massima attenzione agli impatti provocati dalla propria presenza sui singoli ecosistemi, ma significa anche impegnarsi a ripristinarli quando subiscono dei mutamenti.
Il concetto di fondo è far sì che la natura sia posta al centro dell’agire industriale con dignità e visibilità.
Per fare questo noi, ad esempio, abbiamo mappato il capitale naturale di tutti i siti industriali in cui siamo presenti con impianti di generazione elettrica, perché vogliamo essere perfettamente consapevoli di quello che c’è attorno a noi e vogliamo valorizzare il più possibile il territorio con azioni positive di sensibilizzazione e di supporto, anche in una logica turistica e paesaggistica. Pensiamo insomma che un insediamento industriale nel capitale naturale possa, anzi, debba essere fatto nel rispetto di tutti, questa è la strada che abbiamo intrapreso e intendiamo percorrere anche in futuro».

Centrale idroelettrica di Pizzighettone
Dottoressa Terenghi, un’ultima domanda: qual è il rapporto tra Edison e lo sviluppo di infrastrutture di gas naturale liquefatto?
«Il gas naturale liquefatto l’abbiamo sviluppato in una filiera che ha l’obiettivo di alimentare la mobilità.
Noi abbiamo due linee differenti di mobilità, la prima relativa al trasporto di più breve tratta e la seconda che riguarda il trasporto sulle grandi distanze. Il primo è tipicamente quello urbano per il quale riteniamo abbia senso sviluppare la mobilità elettrica, il secondo riguarda i grandi spostamenti, i trasporti pesanti e anche il trasporto marittimo per cui riteniamo che in futuro saranno maggiormente adatte tecnologie a gas o idrogeno. È un processo che è già iniziato: molti armatori di grandi navi stanno facendo le loro scelte di riconversione delle loro flotte.
La tecnologia c’è, e il combustibile anche: il gas liquefatto noi l’abbiamo portato in Italia, a Ravenna abbiamo il nostro deposito di gas che viene dagli Stati Uniti passando per la Spagna. Il primo passo, per quanto ci riguarda, è stato compiuto».
di Luca Palestra
(da CSRoggi Magazine – Anno 7 – n.2 – Marzo/Aprile 2022; pag. 16)