Quali Paesi sono pronti ad avviare un cambiamento all’insegna della sostenibilità? È online lo studio Change Readiness Index di KPMG, che elabora il ranking dei Paesi più preparati a costruire un futuro ‘green’. Per costruirlo servono imprese orientate al lungo termine, istituzioni forti e una società civile aperta e inclusiva.
Il ‘Change Readiness Index 2019’ di KPMG misura la capacità degli stati di rispondere ai principali cambiamenti e ai relativi rischi e stila la classifica globale dei 140 Paesi analizzati.
Dalla geopolitica alla tecnologia ai cambiamenti climatici, il mondo sta mutando a una velocità mai vista prima. Quali sono i Paesi più preparati a cogliere le nuove opportunità? E quali sono invece quelli meno pronti a gestire i rischi?
L’edizione 2019 della ricerca si concentra principalmente sulla capacità dei Paesi analizzati di affrontare i cambiamenti climatici e limitarne i pericoli correlati. I parametri sono stati misurati tendendo in considerazione tre principali macro-aree: il contesto imprenditoriale, le istituzioni governative e la società civile.
L’Europa domina la Top Ten: ottime performance nella sostenibilità ambientale, scende la reattività del settore finanziario
In cima alla classifica la situazione resta invariata rispetto al report del 2017, con la Svizzera sempre in testa. La stabilità caratterizza anche le posizioni successive, visto che ben 6 nazioni tra le prime 10 si confermano ai vertici dal 2015. L’unica variazione nella top 10 rispetto alla scorsa edizione è rappresentata dalla Norvegia, risalita dall’11° al 6° posto della classifica scalzando la Finlandia. Il Regno Unito passa dal 10° all’8° posto, nonostante il clima di incertezza politica dopo la Brexit. Il Vecchio Continente occupa ben 7 dei primi 10 posti e 9 dei primi 20. L’Italia si attesta al 36° posto, soprattutto per le deludenti performance delle istituzioni governative.
L’Unione Europea in generale registra performance superiori alla media globale sui temi di sostenibilità ambientale. Il Change Readiness Index 2019 rivela, tuttavia, anche zone d’ombra per l’Europa: il settore finanziario scende al di sotto della media globale e dell’America del Nord, e registra performance solo marginalmente migliori rispetto alle economie emergenti.
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