Il tema della comunicazione responsabile è stato al centro dell’evento corale che si è tenuto durante l’edizione 2023 di Ecomondo. Il forum ha riunito aziende, comunicatori, giornalisti, climatologi, gestori del servizio pubblico, in una tavola rotonda sulle sfide che attendono la comunicazione ambientale. Sullo sfondo, la proposta di Global Alliance di aggiungere un 18° SdG all’agenda 2030 dell’ONU.
Che ruolo può e deve giocare la comunicazione per supportare la transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile e raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030? Un ruolo centrale secondo Global Alliance, l’organizzazione che riunisce alcune delle più importanti associazioni nazionali di relazioni pubbliche, tra cui l’italiana Ferpi. Global Alliance ha sottoposto alle Nazioni Unite una petizione per includere un diciottesimo obiettivo di sviluppo sostenibile nell’agenda 2030: quello della comunicazione responsabile.
Da questa proposta, che ridona centralità alla comunicazione, prende avvio il primo Forum della Buona Comunicazione, curato da Ecomondo e Ferpi e suddiviso in due diversi panel.
Il primo, “Credere e agire: cosa pensano e cosa fanno le persone”, moderato da Sergio Vazzoler, partner Amapola e coordinatore della commissione dedicata alla comunicazione responsabile di FERPI, ha visto l’intervento introduttivo di Serena Giacomin, meteorologa, presidente di Italian Climate Network. Giacomin, in collegamento video, ha ribadito come la comunicazione «debba essere veritiera e ancorata ai fatti» per ridurre la distanza e aiutare l’attuazione di comportamenti virtuosi. Una comunicazione chiara e semplice, «può contribuire a mitigare danni e ridurre il numero di vittime in caso di eventi climatici estremi,
chiarendo la sostanziale differenza fra pericolosità e rischio, e aiutando le persone ad attuare comportamenti di autoprotezione civile».
Francesco Corvaro, inviato speciale dei ministeri dell’Ambiente e degli Esteri per il cambiamento climatico, ha ribadito che la comunicazione è fondamentale per trasferire alle persone il senso di urgenza connesso al cambiamento climatico stesso. «Abbiamo mezzi e strumenti per mitigare il cambiamento in atto, ma non riusciamo ad applicarli efficacemente né tantomeno a coinvolgere le persone, che sono tuttora polarizzate su posizioni contrapposte di negazionismo o di attivismo. È necessaria invece una comunicazione corretta, che svolga un ruolo educativo, e che crei le condizioni per una diplomazia climatica efficace».
Vittorio Cino, direttore di Centromarca, l’associazione italiana dell’industria di marca, ha invece portato il punto di vista dei brand di largo consumo, per i quali «la sostenibilità è ormai un prerequisito competitivo». Cino si è anche soffermato sul rischio della polarizzazione sociale che caratterizza il dibattito pubblico sul cambiamento climatico: «scoraggia la comunicazione aziendale. Le aziende devono partecipare al cambiamento e comunicarlo all’opinione pubblica, coinvolgendo in questo processo tutta la propria filiera».
Elisa Flamini, sustainability manager dell’agenzia di comunicazione Green Media Lab, proseguendo il ragionamento sulle imprese, ha chiarito che «secondo uno studio del 2020 della Commissione Europea il 53% degli statement ambientali, è fuorviante quando non falso. Ma attenzione: le aziende giocano un ruolo fondamentale nell’ispirare e guidare il cambiamento. L’83% dei consumatori si aspetta che siano proprio loro a fare il primo passo»
Alessandro Armillotta, founder e CEO A-World, ha riportato l’attenzione sui singoli individui mettendo in guardia contro il rischio del «disimpegno morale delle persone. Se non comunichiamo con chiarezza i temi complessi della transizione ecologica, se non spieghiamo bene cosa un singolo individuo può fare, e che impatto può avere, mancheremo il risultato».
Valentina Bolis, responsabile comunicazione di Saviola Holding, ha centrato il proprio intervento sull’interconnessione fra comunicazione e sostenibilità: «le imprese devono per prime dare il buon esempio e devono comunicarlo con efficacia per ispirare il cambiamento. Fare e comunicare devono coincidere».
Matteo Colle, direttore relazioni esterne e sostenibilità del Gruppo CAP, ha portato l’esperienza del gestore del servizio idrico integrato della Città Metropolitana di Milano: «compito della comunicazione è governare la complessità e semplificarla. In questa semplificazione la comunicazione crea lo spazio necessario perché il cittadino possa agire».
Il secondo panel, “La verità e l’inganno: la responsabilità della comunicazione”, moderato da Fiorella Corrado, capo ufficio stampa e comunicazione del ministero dell’Ambiente, ha posto ancora più chiaramente l’attenzione sul rischio di una comunicazione opaca, non supportata da dati concreti e verificati.
Emiliano Fittipaldi, direttore di Domani, ha aperto la discussione illustrando il compito dei media nel guidare il dibattito pubblico («per cui la transizione ecologica è centrale»). Secondo Fittipaldi i media devono attuare «una comunicazione trasparente e concreta, e aiutare l’opinione pubblica a discernere fra fatti e opinioni e a preferire una comunicazione suffragata da elementi scientifici, piuttosto che una fondata su credenze». Senza giri di parole Fittipaldi ha anche messo in luce il caso specifico dei media italiani: «negli ultimi 20 anni il giornalismo è sempre stato considerato un servizio gratuito. Questo ha esposto i media, che devono garantirsi una sostenibilità economica, al finanziamento di grandi gruppi industriali. Questo finanziamento, e gli interessi che vi sono dietro, ha annacquato pericolosamente la radicalità di cui ha bisogno la comunicazione intorno al climate change».
Roberto Natale, giornalista e direttore di Rai per la sostenibilità ESG, ha spiegato il ruolo del servizio pubblico nel favorire la comprensione di temi complessi da parte della popolazione, «un compito che abbiamo voluto inserire con chiarezza nel nostro contratto di servizio». Attraverso una comunicazione semplice e inclusiva, una comunicazione “pop”, veicolata da programmi che si rivolgono a un target familiare, «il servizio pubblico semplifica temi complessi e li porta a un pubblico più vasto ogni giorno».
Tommaso Perrone, direttore LifeGate, ha nuovamente chiamato in causa i media: «il cambiamento climatico non è in discussione. I media devono però usare le parole giuste, affidarsi a fonti affidabili e dati concreti, e calibrare il linguaggio in base al medium in uso».
Fabio Iraldo, professore ordinario di Management alla Scuola Sant’Anna di Pisa, è tornato sulle imprese e sul ruolo che giocano, con la loro comunicazione, un ruolo «sempre a rischio di ambiguità, perché anche la comunicazione è guidata dall’obiettivo primario di vendere», chiarendo però che il greenwashing di cu i spesso sono tacciate le realtà private «nasce più dall’inconsapevolezza che dal dolo. Per questo è vitale ridare centralità all’etica e dotarsi di norme come quella recente sui Green Claims dell’Unione Europea».
Marzia Mastrogiacomo, senior strategy advisor di B-Lab, ha portato l’esempio virtuoso delle società benefit e delle B-Corp, che in virtù degli obblighi statutari, attuano una comunicazione più precisa e concreta dell’agire sostenibile.
COMUNITÀ IN RELAZIONE E BUONA COMUNICAZIONE
Informare, connettere, mettere in rete per crescere insieme e generare cambiamento.
di Valentina Bolis, Responsabile Comunicazione Saviola Holding
Nell’ambito di Ecomondo sono state messe a confronto differenti esperienze di comunicazione e sostenibilità. Con una proposta progettuale concreta: integrare un 18° goal tra gli Il racconto è la declinazione attraverso forme differenti e moderne che rende ancora più oggettive le analisi e allo stesso tempo conoscibili anche a un pubblico meno esperto o non ancora interessato.
Comunicare significa crescere insieme ed è quanto stiamo facendo in Gruppo Saviola con la campagna di Comunicazione “Nuova Vita” per la promozione di una nuova modalità di arredare (sostenibile e di qualità) attraverso il pannello ecologico che non nasce oggi, ma negli anni Novanta quando ancora la sostenibilità non era un trend. obiettivi di sviluppo sostenibile che comprenda il tema della “comunicazione responsabile”. La comunicazione ha un importante ruolo sia in termini di rendicontazione sia di racconto, ma è fondamentale anche per generare una “contaminazione” positiva tra vari soggetti per conoscere le buone (o poco note) pratiche che possono essere messe in campo da aziende, istituzioni, associazioni e comunità in generale.
La conoscenza è la leva che serve per innescare processi di cambiamento e le comunità attraverso le relazioni possono avviare più velocemente meccanismi di grande impatto globale. La sostenibilità oggi non è più un’opzione, ma un’opportunità e sempre più realtà sono impegnate a coglierla. La buona comunicazione genera cambiamento perché informa, connette, mette in rete. Il pericolo “greenwashing” è sempre dietro l’angolo, ma esiste da anni un approccio serio, oggettivo, concreto che lo contrasta attraverso una comunità di persone e professionisti impegnati nella comunicazione per far emergere il positivo che c’è. Comunicazione è creatività, ma senza perdere di vista il dato, la misurazione, la rendicontazione. Il racconto è la declinazione attraverso forme differenti e moderne che rende ancora più oggettive le analisi e allo stesso tempo conoscibili anche a un pubblico meno esperto o non ancora interessato.
Comunicare significa crescere insieme ed è quanto stiamo facendo in Gruppo Saviola con la campagna di Comunicazione “Nuova Vita” per la promozione di una nuova modalità di arredare (sostenibile e di qualità) attraverso il pannello ecologico che non nasce oggi, ma negli anni Novanta quando ancora la sostenibilità non era un trend. L’Italia nel panorama internazionale riveste il ruolo di capofila per buone prassi già attive o in fase di avviamento. Serve comunicarlo di più e meglio.
RICONOSCERE IL CONTESTO IN CUI CI TROVIAMO
La comunicazione ambientale responsabile, uno strumento per abitare la complessità
di Matteo Colle, Head of External relations and CSR Gruppo Cap
Affrontare il tema della comunicazione responsabile, e in particolare della comunicazione ambientale responsabile, significa prima di tutto riconoscere il contesto in cui ci troviamo. Parafrasando Beck possiamo dire che oggi viviamo in una società del rischio ad altissima complessità in cui le abilità cognitive e interpretative dei cittadini sono messe a dura prova. Quando parliamo di transizione ecologica affrontiamo questioni che spesso sono complesse e generano ambiguità e ambivalenze non facili da dipanare. Facciamo qualche esempio: sappiamo che in Italia abbiamo un tasso di perdite idriche più elevato della media europea (il 40% circa); per portarlo a un livello accettabile (15%) occorre fare investimenti. Siamo disposti a sostenerli pagando una tariffa dell’acqua non più a 2 euro a metro cubo ma a 5 o 6 euro a metro cubo? Oppure siamo disposti ad accettare di riaprire le miniere di terre rare in Italia per non lasciare allo sfruttamento del lavoro in Congo il peso della transizione alla mobilità elettrica?
Ambiguità, complessità, in cui i cittadini rischiano di perdersi. La comunicazione responsabile, credo, deve aiutare ad abitare la complessità. Occorre un’ecologia della complessità per poterla abitare e comprendere. E la comunicazione ci aiuta costruendo le narrazioni che ci aiutano a dare un senso, come spiegava Hannah Arendt, a ciò che altrimenti apparirebbe come una serie intollerabile di eventi. Crisi climatica, transizione ecologica, comportamenti individuali, in questa serie intollerabile di informazioni, affermazioni e scelte da fare, la comunicazione responsabile e i suoi linguaggi (la fiction ad esempio come sperimentato in Gruppo CAP con il podcast The Source), possono aiutare i cittadini a trovare un ruolo e un senso. Una direzione per agire, per assumere comportamenti sostenibili e per trovare un equilibrio tra il senso di sopraffazione che porta all’inazione o all’estremismo che conduce a prese di posizione tanto ideali quanto inutilizzabili.
La comunicazione ambientale diventa responsabile quando coniuga efficacia e rigore e aiuta tutti noi ad abitare questi tempi di passaggio in cui ci pare, spesso, di non trovare appigli.
IL RUOLO DEL SERVIZIO PUBBLICO PER SOSTENERE L’AGENDA 2030
“La Rai deve assumere un ruolo chiave nel Paese guidando un cambiamento culturale in tema di sostenibilità”
di Roberto Natale, Direttore Rai per la Sostenibilità ESG
Il Contratto di Servizio tra lo Stato e la Rai varato cinque anni fa quasi nemmeno citava la parola “sostenibilità”. Nel nuovo testo che vedrà la luce fra poche settimane c’è invece un intero articolo, il 12, che comincia con questo impegnativo comma: “La Rai deve assumere un ruolo chiave nel Paese guidando un cambiamento culturale in tema di sostenibilità”. Per farlo la Rai non parte certo da zero. Siamo l’azienda che, con la campagna M’Illumino di meno di Caterpillar su Radio2, ha indotto il Parlamento a istituire la Giornata del Risparmio Energetico; siamo l’azienda di Geo, Sapiens, delle tante Linee (Verde, Blu, Bianca); siamo quelli delle inchieste di Presa Diretta, Report, Petrolio. Ma non basta, perché anche le ricerche più recenti dicono che gli obiettivi dell’Agenda 2030 sono ben noti solo tra i giovani, mentre nel pubblico più adulto la quota dei consapevoli è ancora lontana dal 50 per cento. Cosa fare allora?
Insistere su una informazione accurata, sottraendosi alla strumentalità delle polemiche politiche che investono sempre più anche il tema della crisi climatica. L’ancoraggio del servizio pubblico non può che essere il rispetto dei dati oggettivi. Non è accettabile che si possa invocare una impropria par condicio tra la comunità scientifica e il fronte del negazionismo.
L’altra linea di azione Rai deve essere sempre più l’allargamento dell’area del pubblico coinvolto. La sostenibilità è tema talmente intrecciato alla vita quotidiana di ciascuno che può arrivare alle fasce di utenza più larghe: bisogna saper parlare ai “non convertiti”, non temere di essere “pop”. Come la Rai sta già facendo in alcuni programmi. Una fiction popolare come Un posto al sole inserisce stabilmente temi ambientali o sociali nella sua narrazione ordinaria, ne fa elementi della trama. Un programma del week-end come Uno Mattina in famiglia offre ogni settimana l’idea è stata di Ferpi e ASviS “pillole” di sostenibilità, per spiegare in due minuti e con parole semplici concetti come “comunità energetiche”, o la differenza tra “riuso” e riciclo.
È su questi temi decisivi che deve essere misurato il servizio pubblico. Chi l’ha detto che solo i secondi dedicati a questo o a quel partito meritino la spasmodica attenzione della politica?
di Guido Ruffinatto
(da CSRoggi Magazine – Anno 8 – n.5 – Novembre/Dicembre 2023; pag. 12)