Non è più tempo di visioni, ma tempo di regole. E’ un vecchio adagio di Prodi. Il rispetto delle regole è l’unico atteggiamento serio dell’uomo.
Le invocano tutti. Regole per la legalità, per la semplificazione burocratica, per poter accedere alle risorse economiche, per poter vivere sicuri, per salvaguardare l’ambiente, per uno sviluppo sostenibile, per una convivenza più semplice, per poter esercitare la professione al meglio.
Storicamente non è andata così.
L’ imprenditore, quello che all’inizio ha una idea, divenuta visione e poi rischio di impresa, è partito con quello che aveva. Le regole? Quelle che c’erano. Ma all’origine non avevano senso. Il percorso imprenditoriale era segnato da strade apparentemente semplici (o complicata da regole), ma con precisi obiettivi che l’idea aveva reso concreti.
Le regole sono diventate un problema dopo. E Le regole sono cresciute. Sono diventate una immensa montagna.
Se si pensa alla UE si vede che il suo declino è iniziato quando ha iniziato a moltiplicare le Regole.
Il contenuto all’inizio era il lavoro, le risorse umane – le più importanti – e quelle tecnologiche, e l’utile nel fare i conti. Le regole spesso sono divenute intralcio, limite, con un nome: BUROCRAZIA.
Poi Stati, Regione e Comuni, per non dire altre strutture, hanno iniziato ad occuparsi del nostro imprenditore, con regole sempre più rigide e alla fine “ad personam”. Non è sfuggito a nessuno il Rapporto sui Crediti delle Banche italiane, sempre in crisi, che hanno il loro buco derivante da prestiti accordati alle gradi aziende e solo un 20% per le difficoltà di PMI ed Artigiani.
Le banche indebitate senza regole (o quasi) che si muovono spesso senza vicoli, le imprese indebitate con mille regole e con vincoli asfissianti..
La CSR in questo contesto sembra non c’entrare per nulla, invece ha molto da insegnare.
Nel momento in cui le imprese decidono di operare, si rivolgono alla intelaiatura dei servizi (mi riferisco alla PA, alle Banche, al Mercato, agli interlocutori abituali) trovano un ‘habitat’ in cui la Responsabilità Sociale di Impresa è quasi totalmente assente.
Cosa dovrebbe trovare il nostro imprenditore?
Una mentalità ricca di consapevolezza, aperta al bene comune attraverso i dettami della CSR, così riuscirebbe ad applicare semplici comportamenti e forse senza regole inutili, perché la grande regola sarebbe sempre e solo la sostenibilità e il miglioramento generale, il progresso di una buona idea, forza lavoro motivata, rischio condiviso. Vorrebbe trovare incoraggiamento, finanziamento, sostegno, condivisione, compartecipazione, comune visione. Chiari stakeholder motivati!
La CSR è una risorsa che non ha bisogno di regole, perché essa stessa diventa “La Regola” .
Essa è una predominio della realtà, del realismo imprenditoriale ed una salvaguardia per l’umano agire.
Nella attuale crisi del paese sono inutili i bandi che finanziano 10 progetti e ne lasciano a casa altri 100; non ci potrà essere uno scatto di recupero per la imprenditoria giovanile senza il vigore dato: 1) dalla formazione per le professioni ricche di ingegnosità e di visione con analisi realistiche; 2) dalla valorizzazione del nuovo, aiutato rapidamente ad impattare il sistema senza inutili semafori rossi per le imprese che convertono la propria attività/metodo/ atteggiamento/sguardo sul business.
Ad esempio: finirà la parcellizzazione oraria della professione di educatore, mentre verrà dato respiro al rapporto maestro e discepolo con regole nuove e che saranno scritte nel tempo dai protagonisti. Oggi il rapporto educativo scolastico è un esempio evidente del prevalere di norme e regole sul compito primario che resta quello di educare le nuove generazioni per nuove sfide e per un avvenire visto positivamente. Gli insegnanti – una grande maggioranza – sono burocrati che hanno perduto la relazione con coloro per cui sono destinati i loro sacrifici.
Bruno Calchera