La redazione di CSRoggi, riconoscendone l’importanza culturale,  propone come editoriale l’articolo del professor Enrico Giovannini portavoce di ASviS, a commento del primo testo pubblico di Ursula von der Leyen, nuova presidente eletta della Commissione Europea.

Lo sviluppo sostenibile al centro della politica europea

“È ancora presto per capire quale sarà la linea della nuova Commissione europea e del nuovo Parlamento rispetto agli impegni dell’Agenda 2030. Se cioè gli Obiettivi di sviluppo sostenibile saranno davvero al centro dei programmi degli organi dell’Unione nei prossimi anni”. Così scrivevamo la scorsa settimana, in attesa del discorso programmatico della Presidente designata della Commissione europea. Ebbene, il primo testo pubblico di Ursula von der Leyen ha spazzato via non solo i possibili dubbi sulla scelta a favore dello sviluppo sostenibile come architrave dei prossimi cinque anni della politica europea, ma anche i tentennamenti e le tiepidezze che hanno caratterizzato la Commissione Juncker su questo tema. La parola “sostenibile” compare dodici volte nel discorso programmatico pronunciato martedì scorso, il quale contiene numerose proposte riconducibili esplicitamente a molti dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 (come mostrato nel documento che pubblichiamo a cura del Segretariato ASviS) e l’impegno esplicito a “non lasciare nessuno indietro”, esattamente il motto dell’Agenda 2030.

La promessa di fare dell’Europa il primo continente neutrale dal punto di vista climatico è un fatto senza precedenti, sostenuto dall’impegno ad avanzare, entro i primi 100 giorni della nuova Commissione, la proposta per un “European Green Deal” che guardi anche alle problematiche di una “giusta transizione” energetica dal punto di vista sociale. Analogamente, va sottolineato l’impegno a fare dell’Europa il leader mondiale dell’economia circolare, perché da questa trasformazione deriva un’opportunità di crescita e occupazione senza precedenti. Anche l’orientamento delle politiche di coesione e della politica industriale alla transizione verso un nuovo modello di sviluppo, da sostenere con un Piano di investimenti per un’Europa sostenibile che raggiunga “ogni angolo dell’Europa”, è una scelta forte nella direzione giusta. Una strategia per la tutela della biodiversità, la lotta all’inquinamento in tutte le sue forme (comprese quelle derivanti dalla plastica monouso), l’impegno a favore delle aree rurali e dell’agricoltura sostenibile sono tutte indicazioni della direzione corretta.

Finalmente, nell’orientamento strategico della Commissione appare una visione integrata delle dimensioni economiche, ambientali e sociali dello sviluppo. In questo quadro, l’impegno a trasformare il Semestre europeo per orientarlo al raggiungimento dell’Agenda 2030 (una proposta avanzata varie volte dall’ASviS) può segnare una svolta senza precedenti. Il Semestre europeo (nato per coordinare le politiche economiche, sociali e ambientali per realizzare la strategia Europa 2020, ma poi “dirottato” sulle questioni finanziarie con la crisi economica) rappresenta il fulcro dell’azione politica della Commissione e del Consiglio e culmina con le “Raccomandazioni specifiche” per ciascun Paese. La scelta di orientare questo processo all’Agenda 2030 (come raccomandato anche nel Rapporto “L’Uguaglianza Sostenibile) può determinare un cambiamento radicale nella cultura della Commissione europea nella direzione dello sviluppo sostenibile.

L’enfasi posta sul pilastro sociale, per “riconciliare” la dimensione sociale e quella di mercato dell’economia europea, la lotta alla povertà e alla disoccupazione giovanile, la creazione di una “Child guarantee”, come proposto dal Parlamento europeo, l’istituzione di un meccanismo europeo di riassicurazione contro la disoccupazione (proposta fortemente sostenuta dal governo Gentiloni), l’impegno per l’uguaglianza di genere e l’inserimento della violenza contro le donne nella lista dei crimini definiti dal Trattato europeo, sono tutti segnali di un salto di qualità (almeno in termini di impegni) delle politiche europee nella direzione auspicata da tanti cittadini.

Avendo avuto l’occasione di conoscere Ursula von der Leyen quando ambedue eravamo ministri del lavoro, tutto questo non mi sorprende. Fin dal nostro primo incontro (nel maggio del 2013) lavorammo molto bene insieme per mobilitare il Consiglio europeo a favore della lotta alla disoccupazione giovanile e all’avvio della Garanzia Giovani. Insieme preparammo il primo (e unico) incontro quadrilaterale (Italia, Germania, Francia e Spagna) dei ministri del lavoro e delle finanze (che si svolse a Roma nel giugno del 2013) sull’integrazione delle politiche economiche e sociali per far uscire l’Europa dalla crisi. Da quell’incontro nacquero i due vertici dei Capi di Stato e di Governo europei sulla questione della disoccupazione giovanile che si svolsero nel secondo semestre del 2013 a Berlino e a Parigi (il terzo avrebbe dovuto tenersi in Italia nella primavera del 2014, ma il cambio di governo bloccò l’iniziativa).

L’attuazione di un programma così impegnativo e “rivoluzionario” non sarà facile. Le resistenze culturali all’interno della Commissione e soprattutto la contrarietà di alcuni paesi ad accelerare la transizione allo sviluppo sostenibile (basta ricordare il recente veto dei paesi Visegrad al rafforzamento degli impegni europei in tema di cambiamenti climatici), così come i tatticismi delle diverse forze politiche (che si sono già manifestati con i tanti franchi tiratori che non hanno votato a favore della nuova Presidente), renderanno il cammino impervio. Ma non si può non sottolineare la novità dell’approccio proposto da Ursula von der Leyen, il cui discorso rappresenta, di fatto, anche una giusta critica allo scarso coraggio della passata Commissione.

Non possiamo non auspicare che anche il Governo italiano, e più in generale la politica italiana, sappia cogliere il cambiamento di prospettiva che la nuova Presidente propone. Così come sarebbe importante che i rappresentanti del mondo economico si preparino all’inevitabile trasformazione verso l’economia circolare e sostenibile, anche per utilizzare al meglio i tanti strumenti che le politiche europee metteranno a disposizione per finanziare la transizione. Stesso discorso vale per le amministrazioni pubbliche, in particolare quelle regionali e locali, le quali si devono attrezzare il prima possibile per definire strategie credibili di sviluppo sostenibile così da utilizzare al meglio i fondi comunitari per l’innovazione, la coesione, ecc.

Insomma, quello che per oltre tre anni l’ASviS ha auspicato ha oggi maggiori probabilità di avvenire, almeno a livello continentale. Passare dalle parole ai fatti non sarà semplice, ma il segnale lanciato non può essere sottovalutato da nessuno. Buon lavoro a Ursula von der Leyen e al suo futuro team di Commissari, e buon lavoro a tutti coloro i quali si impegneranno ancora di più per costruire un’Europa sostenibile da tutti i punti di vista.

di Enrico Giovannini

(da Avvenire del 19 luglio 2019)

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