È necessario un cambiamento profondo nella coscienza delle persone perché operino non solo per sé stesse ma nell’interesse di tutto l’ecosistema in cui le attività economiche si svolgono»: questa la definizione di sostenibilità di Katrin Kaufer del Mit di Boston, prestigiosa istituzione accademica statunitense.
Una parola, sostenibilità, che ricorre spesso nei convegni e nei vari meeting aziendali. Sembra che si sia scoperto, all’improvviso, che la tutela dell’uomo e del pianeta sia diventata strategica e fondamentale.
Come sono lontani, nell’Europa Occidentale e negli Usa, i tempi dell’industrializzazione selvaggia senza vincoli né remore di nessuna natura.

Ricordo, da piccolo, circa cinquantanni fa, una gita al parco delle Groane, in Brianza. All’improvviso la nostra classe elementare con la maestra scoprì un fiume rosso e melmoso.
Erano gli scarichi a cielo aperto della Snia Viscosa. Nessuno diceva niente. Men che meno i sindacati. La fabbrica aveva portato lavoro, tanto lavoro. Gli operai, la stragrande maggioranza meridionali, ricevevano regolarmente i loro salari e avevano una casa in affitto nel villaggio Snia. Potevano acquistare le loro auto con cui ritornare al paese. L’azienda aveva poi organizzato anche un parco giochi, sempre alle Groane. Panem et circenses, gli antichi romani la sapevano lunga…

Oggi le cose sono cambiate. Non sempre e dovunque. In Cina, tanto per fare un esempio, siamo ancora a quei livelli. Tanto che le percentuali di inquinamento delle loro città sono fra le più alte al mondo.
Ma torniamo alla sostenibilità. Applicando la definizione ai prodotti del settore alimentare, di cui pare sia esperto, è possibile individuare quattro parole che descrivono i cambiamenti in atto: Contenitore, Contenuto, Comunicazione, Costo.

L’impiego della plastica va fermato
La prima questione riguarda il packaging, ovvero il Contenitore. L’impiego sempre più massiccio della plastica va fermato. L’inquinamento del mare e del suolo è un fattore scatenante nel deterioramento delle condizioni del pianeta. Le immagini di spiagge da sogno ricoperte da bottiglie e materiale vario hanno fatto il giro del mondo. E scandalizzato tutti. Anche quelli che, con i loro comportamenti irrispettosi nei confronti dell’ambiente, hanno provocato il fenomeno. Per questo occorre studiare e mettere in atto soluzioni che possano sostituire i packaging attuali con altri ecosostenibili.

Prodotti sani per gente sana
L’altra parola è Contenuto. Inutile studiare e realizzare contenitori se poi ci si mettono prodotti scadenti. Il benessere animale, l’antibiotic free, la limitazione di nitriti e nitrati come pure di zucchero e sale nella produzione degli alimenti, sono tutti elementi da tenere in stretta considerazione. Il futuro dell’alimentazione si gioca qui. Prodotti sani per gente sana.

Raccontare la sostenibilità al consumatore
Tutto ciò non basta se non si racconta la sostenibilità al consumatore. Comunicazione dunque: un’operazione culturale in cui tutti siamo coinvolti. A partire dalle aziende che nelle pubblicità e sulle confezioni dei prodotti devono spiegare alla signora Margherita (prendo mia moglie come modello di consumatrice attiva) i vantaggi del Contenitore e del Contenuto. Basta con le vaschette di plastica nude e crude. L’utilizzo di strumenti grafici appositi può portare ad accrescere la consapevolezza nei confronti della sostenibilità.

I prodotti ecosostenibili costano di più
C’è poi la questione del Costo. I cambiamenti di Contenitore e Contenuto, come pure della Comunicazione, comportano un aumento oggettivo dei costi di produzione. E qui è la distribuzione che deve fare la sua parte. Non si può pensare a introdurre prodotti ecosostenibili senza pagarne lo scotto. L’atteggiamento di certe catene che vorrebbero acquistarli allo stesso costo dei convenzionali appare assurdo e controproducente. Non si può pubblicizzare la spesa intelligente per poi strizzare le palle alle aziende. Ci si deve decidere. O si sta dalla parte della sostenibilità in modo attivo oppure si prende in giro la gente.

La quinta “C”
Ci sarebbe poi un’altra parola da aggiungere. È la quinta C che però non fa parte del teorema ma ne è un corollario. Si tratta di Culo. Ovvero della capacità di mettere insieme tutto in maniera sostanziale. Nel senso di “farsi il …” e di “avere …”. Ovvero di riuscire a realizzare un prodotto ecosostenibile e di trovare chi lo distribuisce.
Impresa ardua ma altrettanto affascinante.
C’è chi ci sta tentando e ci riesce: Fumagalli nel mondo dei salumi, Rigoni in quello delle confetture, tanto per fare due nomi. Esempi virtuosi e non virtuali. A cui fare riferimento. E da cui imparare.

 di Angelo Frigerio

(da CSRoggi Magazine, anno 5, n.5, Ottobre 2020, pag. 38)

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