Il welfare aziendale è una componente indispensabile di gestione delle imprese sociali, profit e non profit, e risponde al soddisfacimento dei bisogni umani interni e, oggi sempre più, esterni all’azienda.

In questi ultimi due anni il welfare aziendale (WA) è stato protagonista di spontanee dinamiche imprenditoriali (WA unilaterale) e della contrattazione collettiva (WA contrattuale).

Una definizione, fra le tante, dice che il WA è l’insieme di benefit e di servizi non monetari erogati e promossi dalle imprese al fine di incrementare, migliorare e sostenere la vita economica e sociale degli stakeholder interni e anche esterni.

Lo Stato, a fronte dell’indebolimento del welfare state, è intervenuto sul welfare aziendale tramite agevolazioni fiscali e tramite il Ministero del Lavoro allocando risorse per progetti specifici.

Il WA è una componente indispensabile di gestione delle imprese sociali (profit e non profit) e il suo raccordo con l’economia aziendale si evidenzia già nella definizione di azienda di Gino Zappa, uno dei maestri dell’economia aziendale ove si esplicita che l’azienda è: «L’istituto economico atto a perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione le attività di produzione e/o consumo di beni e servizi» (G.Zappa – Le produzioni nell’Economia delle Imprese, Vol. II e Vol. III, Giuffrè, 1957 Milano)

Soddisfare bisogni umani interni ed esterni

E il “soddisfacimento dei bisogni umani” riguarda bisogni interni (dipendenti funzionali al successo dell’impresa) e ora anche esterni (dei dipendenti/cittadini attori e fruitori di scelte di welfare dell’impresa per esempio con agevolazioni di affitto oppure opportunità per l’acquisto di case, ecc. nel territorio di riferimento). Il WA risponde ad ambedue le opzioni e ha un effetto moltiplicativo in un orizzonte di filiera sul territorio per il suo sviluppo locale. È importante tenere insieme il valore del WA connesso ai risultati produttivi/occupazionali dell’impresa e alla dimensione comunitaria/sociale per valorizzare le risorse e le potenzialità dei territori non solo in senso geografico (da spazio a “luogo di vita”), ma anche di interazione tra diversi attori.

Il WA è per lo più orientato all’arricchimento del “portfolio dei servizi” (gestito prevalentemente da piattaforme di provider privati) a favore, in modo premiale, dei dipendenti e le valutazioni del WA sono correlate alla numerosità dei servizi offerti con una diversità evidente fra le PMI e le grandi imprese.

Lutilizzo di parametri di valutazione sociale

Tuttavia vale la pena integrare la quantità (a volte anche solo nominalistica) e numerosità dei servizi con parametri di valutazione sociale. Tutto ciò per comprendere il loro impatto in logica di outcome e per determinare un ”rating di WA“ che permetterà di avere un asset (quantitativo e qualitativo) di valutazione su cui basare le politiche di incentivi e sgravi fiscali.

Quindi si assume l’ampiezza, la numerosità del contenuto delle iniziative e l’originalità come condizione necessaria, ma non sufficiente, da integrare con la valutazione dell’impatto sociale del WA. Essa ha per oggetto:

  • gli effetti sociali diretti conseguiti dalle attività svolte, in quanto riconducibili all’interesse sociale dei dipendenti, dell’impresa e degli stakeholder in generale, nonché, quando rilevabili, i loro effetti indiretti;
  • i risultati aziendali in logica di impresa sociale con formula imprenditoriale ove il WA è parte costituente;
  • la comunicazione del livello di welfare (interno percepito dai dipendenti ed esterno generato sul territorio) in modo più semplice e immediato, facendo diventare il welfare aziendale un vantaggio competitivo.

Il tutto in una logica di “welfare universalistico a protezione variabile” che deriva dall’impossibilità dello stato di far fronte a un welfare state universalistico assoluto.

Il WA può essere erogato:

  1. in via unilaterale, ovvero nel rapporto diretto tra impresa e dipendente (welfare aziendale unilaterale)
  2. per il tramite di contrattazione sindacale (welfare aziendale contrattuale).

I benefici delle misure di welfare aziendale

Quale che sia la modalità di erogazione delle misure di welfare aziendale, numerosi studi dimostrano i benefici dell’adozione di politiche di welfare aziendale e fra questi:

  • miglioramento della produttività;
  • aumento della soddisfazione sul lavoro e della motivazione del dipendente;
  • impatto positivo sulla vita familiare;
  • fiducia del dipendente verso l’azienda;
  • vantaggi economici e finanziari per gli stakeholder e/o per gli shareholder;
  • miglioramento delle performance.

Dalle definizioni sopra indicate possiamo dedurre un forte legame fra welfare aziendale e CSR (Corporate Social Responsibility). Questi concetti sono due facce della stessa medaglia. Se parliamo di welfare si enfatizza l’aspetto dei benefit che l’azienda propone rivolto direttamente ai dipendenti e alle loro famiglie, se parliamo di responsabilità sociale d’impresa poniamo l’accento sull’esigenza sociale di questi benefit e servizi.

Da un lato il welfare aziendale può essere considerato un extra, un vantaggio, una premialità che accresce il wellbeing dei dipendenti e delle loro famiglie dall’altro possiamo considerare la CSR un dovere costituzionale: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. (cfr. articolo 41 Costituzione italiana).

Una funzione integrativa dei servizi pubblici

Il WA svolge spesso una funzione complementare e integrativa dei servizi pubblici, si orienta con un diverso grado di personalizzazione a seconda dei target (solo dipendenti o anche familiari, coniugi e figli o conviventi, ecc.), è aggiuntivo o rafforza i contratti nazionali.

Il WA si sviluppa se supera il solo vantaggio fiscale (che comunque mantiene il suo ruolo di condizione necessaria) e si evolve in una visione moderna di impresa (impresa sociale) in grado di integrare le ragioni della produttività con quelle della redistribuzione sociale del valore creato.

La valutazione dell’impatto economico e sociale del WA permetterà di confrontare i risultati in logica di “benchmark” o “soglie obiettivo” e ciò può avvenire tramite un “rating di WA” che si basa su KPIs dei servizi offerti.

Il rating di WA valuterà la capacità di un’impresa sociale (profit e non profit) di generare valore aggiunto e cambiamento in un certo contesto (interno ed esterno all’impresa), modificando lo status olistico dei dipendenti e della comunità di riferimento.

In sintesi il WA è in espansione (grandi imprese, PIM, imprese artigiane ecc.) e ora è necessario configurare un “rating di WA” su base di quantità e qualità di servizi premiali e anche della valutazione di impatto sociale del WA cui collegare un’ulteriore parte di sgravi fiscali. Il WA è un valore aggiunto per gli stakeholder e per gli shareholder dell’impresa sociale.

di Giorgio Fiorentini
professore associato di Economia Aziendale
Università Bocconi di Milano

(da CSRoggi Magazine, anno 4, n.1, Febbraio 2019, pag. 6)

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