Il punto del Direttore
L’inglese si usa ormai dappertutto sostituendole parole italiane.
Purpose significa scopo. La ragione per cui.
Un dato di partenza: il nostro tempo è segnato dall’incertezza. Il COVID è intervenuto nel dare una bel colpo a tanti progetti e a tante pianificazioni di investimenti, di operatività, di comprensione proprio dello scopo dell’istante. E’ l’istante a dominare la valutazione.
Il breve periodo sconta sempre una incertezza su ogni spunto innovativo.
Riprendo una frase si Larry Flint, CEO di Blackrock, nella sua ultima lettera agli amministratori delegati delle società nelle quali investe – un particolare interessante nella relazione con gli stakeholders. “per prosperare nel tempo ogni azienda deve produrre non solo utili ma anche mostrare come contribuisce positivamente alla società”. La vicenda riguarda tutti gli stakeholder: dagli azionisti, ai clienti e soprattutto alle comunità in cui operano le imprese. Senza il Purpose nessuna azienda pubblica o privata può raggiungere il suo pieno potenziale.
Va definita innanzi tutto la ragione per cui operiamo, il valore aggiunto che si vuole portare nel mondo e come renderlo esplicito.
Il paradigma si è spostato dal successo degli utili al valore creato e condiviso.
Lo scopo è l’anima dell’azienda ed esso stabilisce i reali obiettivi del business.
Non è facile misurare il Purpose. Occorre una valutazione trasparente che vale all’interno e all’esterno del fare impresa.
Un recente ricerca della Boston Consulting Group ha evidenziato come, in un orizzonte di cinque anni, una società su tre rischia di trovarsi fuori mercato.
Dopo anni in cui gli esperti di Marketing hanno preferito lavorare sulle categorie della Mission e del Posizionamento, oggi giustamente si torna all’origine, a porsi la domanda più semplice e immediata: ”perché esisto?”
Rispondere alla domanda è il punto di partenza di ogni strategia ed anche di ogni ambizione legata all’oggi e al domani.
Lo stesso Philip Kotler, il guru del Marketing, parlando di Joey Reyman (fondatore e CEO di BrightHouse, una delle più importanti agenzie di consulenza globale, la cui mission è di infondere il Purpose nel mondo del Business) disse “Qui siamo di fronte ad un fenomeno che durerà nel tempo, Il Purpose entra per restare e per non passare”.
C’era bisogno di riaffermare lo scopo dell’agire e del fare.
Esso coincide con la consapevolezza chi inizia un’opera e che non può emarginare il valore dell’azione.
Il valore è misurabile, anche se spesso è dai racconti che emerge quanto e quale sintesi valoriale si respira.
Un ‘altro titolo ci sovviene: RIMETTERE IN PISTA L’UMANITA’
Questo è anche un confine, una linea diritta, che mette in campo la religiosità.
Essa è al fondo ancor oggi di molte iniziative in cui il Purpose appartiene ai fondatori che non hanno mai cessato di concepire il fare legato al suo significato religioso.
Non è irreligioso arricchirsi in sé. Come non è irreligioso far crescere una azienda dotarla di strumenti di trasparenza e di ampia documentazione dell’agire.
C’è però una imprenditoria che non trova scomodi i valori religiosi che si introducono nel generare stima, attenzione alla Comunità sociale, recepire istanze dal Terzo Settore e soprattutto, umanizzare la relazione con dipendenti e stakeholder.
Gli esempi ci sono e sono numerosi!
Ripercorrere il senso del fare e porsi la domanda chiave “perché esisto” è decisamente l’inizio e la ragione che deve tenere nel tempo. Per tanto tempo.
E’ una domanda questa che ci facciamo anche noi di CSRoggi, spesso.
Siamo convinti che dare peso alla testimonianza e alla esperienza umana che traspare in molti racconti sia davvero un contributo sociale sempre più utile.
La Sostenibilità vibra di intensità approfondendo il Purpose.
Bruno Calchera
Direttore Responsabile