Il punto del Direttore

 

 

 

In questo periodo c’è un gran discorrere sul Greenwashing.
A ragione si sottolinea quanto diffusa sia la pratica di manifestare una disponibilità, una innovazione conclamata come sostenibile ma che si manifesta in pratiche superficiali e spesso incomprensibili. Sono definiti sostenibili prodotti e servizi sulla base di una reportistica, con informazioni vaghe, autoreferenziali, con misurazioni fatte in casa, con idee etiche ritagliate su comportamenti generici. Una “verniciata” di parole che enfatizzano pratiche importanti ma che non possono fotografare la realtà di una unità produttiva.

Se anche si sistemasse il Greenwashing non sarebbe finita la lunga via del cambiamento verso una vita economica e sociale improntata alla salvaguardia del pianeta e a pratiche utili e necessarie per dare alla prossima generazione una vita più bella e più sicura. Il problema è un deficit culturale.

Assistiamo a un degrado sociale crescente che disimpegna la gente ad approfondire compiutamente argomenti che impegnino l’io fare meglio. Si sono imposte mode, abitudini, modelli sociali, contenuti etici e comportamenti sociali, da imitare o riprovevoli, che sono stati generati da un insieme di realtà che hanno polverizzato la stesa vita sociale.
La mentalità dominante, è generata dai media e da poteri forti. La comunicazione, i social, la Tv, il divismo, l’assenza di valori, hanno imposto comportamenti individuali che faticano a connettersi.

Le divisioni che manifesta la politica hanno contribuito a “disgregare e ricreare gruppi sociali” in modo sistematico, sordi davanti alle proposte altrui, facendo avanzare così un nulla, che ha demotivato lo stesso desiderio di partecipazione.
Il sociale vive per parole spesso abusate e prive di presa sulla mentalità delle persona: Solidarietà piccoli o grandi gesti episodici, un richiamo spesso moralistico che tocca il cuore e la mente di molti superficialmente; Condivisione di idee da far assumere ad altri; Etica all’insegna della coerenza e dell’errore altrui; Divisione tra persone ogni qualvolta si pone una questione importante; Incapacità di ascolto tra persone e scarsa ricerca della verità al di fuori della propria posizione culturale.

Persino la Pubblica Amministrazione non è all’altezza di reggere i conflitti sociali, le differenze etniche, le relazioni territoriali. I servizi che offre sono pensati ed erogati per risolvere un problema contingente, mai per programmare un cambiamento di assetto sociale e territoriale in senso plurale, favorendo una umanizzazione delle relazioni.
Sono inutili gli spot Tv che affermano la sostenibilità di un prodotto. Chi ne approfondirà il senso? Risulta così impossibile suggerire una cultura della sostenibilità che trovi una larga disponibilità alla comprensione che è l’unica condizione per un positivo successo dello sviluppo innovativo.
Ci vorrebbe una realtà semplice, chiara e alla portata di tutti che mostrasse un percorso condivisibile attraverso semplici considerazioni ed esperienze. Qualcosa di cui si potesse parlare in famiglia come una opportunità buona da scoprire e da verificare.

Come reagire?
La gente si merita, se non ci sono altre vie, che ogni accenno alla parola Sostenibilità sia accompagnato da una spiegazione completa. Che i media operino programmi TV e via social di contenuto informativo ed educativo. In questo la Pubblica Amministrazione deve smettere di trattare il PNRR, che ha capitoli importanti sullo sviluppo sostenibile, in modo incomprensibile. Si deve rendere conto di ogni progetto, delle sue ragioni di esistenza, dei vantaggi e degli svantaggi, del tempo e non vi devono essere tracce di futilità, di elucubrazione mentale, psicologica ed ideologica di natura individualistica.

La politica, le grandi centrali informative hanno una grande responsabilità, anche alla luce delle innumerevoli testimonianze offerte da imprese di ogni settore che su questo territorio hanno già avviato un cammino concreto. Queste storie vanno raccontate.

Le Cattedrali sono opere create dentro una unità di popolo, in cui le ragioni erano evidenti sia per i progettisti, sia per i finanziatori, sia per tutto il popolo. Così la riduzione del CO2 è mestiere che tocca a tutti e ciascuno deve fare la sua parte: i comportamenti non possono che essere condivisi e approfonditi: le ragioni possono essere chiare ad ogni persona.

Il Greenwashing fa male agli ESG. L’indifferenza culturale verso la cultura popolare alla Sostenibilità fa male a tutti.

Bruno Calchera
Direttore CSROGGI

 

 

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