Il 19 dicembre ha aperto a Torino “Green Pea”, progetto realizzato da Oscar Farinetti; proprio quindici anni fa nella stessa città era nato dalla ristrutturazione di una vecchia fabbrica il primo punto vendita della catena “Eataly”, fondata sempre dall’imprenditore albese.
Nomen omen
Il centro commerciale prende il nome dal pisello (in inglese green pea, per l’appunto). La spiegazione che rintracciamo sul sito è la seguente: “Ma, perché un pisello? Perché nasce dalla Terra, è un prodotto che ha bisogno di acqua, come la vita sulla Terra è sferico, come la Terra è inclinato di 23°27’, come l’asse terrestre è verde, come dovrebbe essere la Terra.”
Questo rappresenta anche l’immagine utilizzata sui prodotti come loro garanzia di rispetto nei confronti della natura.
La struttura di 15mila m²
La parte architettonica è basata su quattro “r”: “recupera” in quanto l’edificio è costruito con materiali riciclabili – acciaio, ferro e vetro – ed è completamente smontabile; “rispetta” in quanto il legno utilizzato per la copertura esterna e per i pavimenti interni proviene rispettivamente da due foreste armoniche della Val di Fiemme e del Bellunese, distrutte dalla tempesta Vaia dell’ottobre 2018, e da legno di recupero delle Valli Cuneesi; “riduci” poiché la vernice “Airlite” trasforma le pareti in depuratori, diminuendo l’inquinamento dell’aria dell’88% e abbattendo del 99,9% i batteri e, da ultimo, “respira” grazie alla presenza di oltre 2mila alberi e piante. Anche la parte energetica non è lasciata al caso: l’edificio è infatti alimentato tramite pozzi geotermici, pannelli fotovoltaici e solari, elementi per la captazione dell’energia eolica e per il recupero dell’energia cinetica. Gli stessi mobili all’interno provengono da materiali riciclati.
I prodotti e i servizi offerti
I piani sono dedicati a temi specifici: stile di vita (in cui scoprire mezzi di trasporto elettrici e ibridi, telefoni rigenerati, energia rinnovabile e Green banking, il GP Discovery Museum, la lavanderia eco-sostenibile e l’ufficio turistico di Torino); casa (in cui scoprire il modo sostenibile di progettare e arredare casa: dai pavimenti alle tende, dalla cucina al bagno, dal divano alla scrivania, tra elettrodomestici e complementi); fashion (con abiti e calzature di brand attenti alla sostenibilità).
Il terzo piano presenta quattro concept store di moda di lusso, la cultura nella libreria diffusa, i prodotti per la cura della persona e della casa, insieme ai profumi del bistrot e del ristorante stellato. Il rooftop al quarto piano dà spazio al cosiddetto “ozio creativo” con cocktail bar, una Spa e una piscina a sbalzo.
Chi non è d’accordo
Non sono mancate le polemiche legate al neonato edificio. Due in particolare: la prima degli studenti per lo più universitari di “Noi resistiamo” che in un post su Facebook hanno raccontato del loro sit-in «per contestare l’apertura di questo enorme centro commerciale di lusso». Le motivazioni della protesta sono riassumibili nell’idea che il modello proposto non sia coerente con la situazione attuale che vede giovani, lavoratori e studenti in difficoltà economiche e senza tutele dal settore pubblico. Tutto ciò andrebbe a vantaggio invece di imprenditori e classi sociali più abbienti che utilizzano una retorica green. La seconda, invece, portata avanti dalla “Consulta per le persone in difficoltà” – nata negli anni Ottanta con l’obiettivo di favorire l’inclusione –, che ha lamentato la presenza di barriere architettoniche, ad esempio le casse e i banconi molto alti, nonostante l’edificio sia costruito nel 2020, anno in cui anche il mondo dell’architettura dovrebbe aver imparato a superare e affrontare in maniera efficace la disabilità fisica.
di Ylenia Esther Yashar
(da CSRoggi Magazine, anno 6, n.1, Gennaio/Febbraio 2021, pag. 8)