È fondamentale che le performance di sostenibilità siano fondate su una misurazione rigorosa, comparabile e credibile, che fornisca a stakeholder e investitori informazioni chiare e attendibili. La realtà di oggi tuttavia non è questa.
Tutte le forme di washing e di comunicazione ingannevole espongono le organizzazioni a crisi reputazionali, sanzioni, perdita di consenso e di risorse.
Se questo è sempre stato vero, oggi lo è più che mai.
Lo dimostra in modo evidente l’approvazione da parte del Parlamento europeo della Direttiva sulle Green claims e del nuovo Regolamento sui rating ESG.
Dal 2018 la strategia UE in materia di finanza sostenibile ha individuato nel Piano d’azione per la crescita sostenibile tre strumenti: Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) per uniformare i requisiti di reporting sui prodotti finanziari; Tassonomia per orientare scelte di investitori e stakeholder secondo criteri specifici di sostenibilità; Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) per rafforzare la trasparenza nella misurazione e comunicazione delle performance di sostenibilità.
Tutti strumenti normativi con la funzione di determinare il valore presente e futuro dell’impresa sulla base delle performance ESG. È quindi fondamentale che le performance siano fondate su una misurazione rigorosa, comparabile e credibile, che fornisca a stakeholder e investitori informazioni chiare e attendibili.
La realtà di oggi tuttavia non è questa.
Dall’indagine promossa dal Parlamento UE “Asserzioni etiche di sostenibilità delle aziende, rating ESG e false ESG” emerge che, se da un lato cittadini e consumatori chiedono maggiore trasparenza e chiarezza anche per orientare le proprie scelte di acquisto, dall’altro il 64% degli intervistati dichiara un livello di fiducia basso o bassissimo verso le dichiarazioni di sostenibilità delle imprese (dichiarazioni sul sito aziendale, claim pubblicitari, comunicazione corporate).
Una parte significativa di cittadini ritiene che le aziende utilizzino la sostenibilità per motivi pubblicitari e di marketing (45,47%) e non per genuino e autentico interesse, e il 75,2% chiede alle aziende certificazioni sulle performance ESG validate da enti terzi. I dati presentati dimostrano, quindi, che l’integrità e l’affidabilità delle informazioni sulla sostenibilità risultano centrali sia per gli stakeholder sia per la comunità finanziaria.
Diffondere e comunicare a consumatori, investitori e altri soggetti del mercato, affermazioni e dati falsi, infondati o fuorvianti, per esempio sulla dimensione ambientale (greenwashing), è del tutto paragonabile al falso in bilancio, alla pubblicità ingannevole e alla concorrenza sleale.
Con il washing le aziende rischiano la reputazione
Il washing però non è solo green. È infatti un concetto applicabile a tutte le dimensioni della sostenibilità. Il social washing richiama iniziative commerciali travestite da Responsabilità Sociale, il pink washing richiama finte pratiche a favore della Diversity & Inclusion, l’SDGs washing dichiara un contributo allo sviluppo sostenibile che è disatteso nei fatti.
Le aziende che praticano forme di washing rischiano di compromettere il capitale reputazionale, da sempre uno dei principali capitali intangibili per la competitività delle imprese, generando costi in-sostenibili, decisamente superiori al risparmio che si ottiene “facendo finta” di integrare la sostenibilità nel business.Mi riferisco all’impossibilità di accedere a finanziamenti, bandi e gare, alla perdita di consenso e fette di mercato, alla difficoltà ad attrarre e mantenere talenti e giovani generazioni.
È quindi fondamentale che la comunicazione delle performance ESG agli stakeholder e al mercato sia alimentata da un’analisi interna rigorosa e verificabile di risultati, effetti e impatti prodotti dall’impresa.
Una comunicazione autentica e trasparente che, oltre agli aspetti di unicità e di successo, sia in grado di rappresentare e motivare aspetti critici e obiettivi non raggiunti, impatti positivi e negativi, attivando un dialogo costruttivo e sistematico con i diversi stakeholder, in chiave di apprendimento reciproco e di miglioramento continuo.
La sostenibilità è vera leva di competitività e reputation solo se fondata sull’autenticità e alimentata dalla fiducia.
di Cristiana Rogate
Presidente di Refe – Strategie di Sviluppo Sostenibile
(foto: ©shutterstock)
( da CSRoggi Magazine – n.1 – Anno 9 – Gennaio/Febbraio 2024; pag. 6 )