L’ insieme di barriere socio-culturali e psicologiche che si frappone come ostacolo insormontabile – all’apparenza invisibile – al conseguimento della parità dei diritti e possibilità di fare carriera viene definito tecnicamente “soffitto di cristallo” (glass ceiling). La metafora risale a poco più di quaranta anni fa, ma è solo nel 1986 che assume una certa popolarità grazie a un articolo comparso sul Wall Street Journal.
A soffrire di questo soffocamento sono le donne, anche se oggigiorno il fenomeno riguarda anche minoranze discriminate non per il genere ma, ad esempio, per la nazionalità di provenienza o per lo status socio-economico di partenza.
La questione riguarda la crescita interna a un’azienda ma anche l’imprenditoria femminile.
Salite e discese nel XX secolo
Donne e voto, donne e patria potestà, donne e professioni scientifiche, donne e attività domestica sono solo alcuni dei luoghi comuni e stereotipi di genere, dei quali tanto si parla: ogni decennio ne ha uno proprio.
Quando i movimenti giovanili degli anni Settanta hanno cercato di porre all’attenzione queste disuguaglianze, non sono stati presi sul serio e sono stati accusati di melodrammi.
Non in tutti i Paesi però ha continuato così. Negli Stati Uniti, ad esempio, negli anni Novanta si era oltrepassato il limite del dibattito puramente femminista, per approdare nel mondo scientifico, che facesse ricerca su questi temi. Nel 1995, a vent’anni dal primo evento, alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulle donne l’empowerment ha rappresentato una parola chiave nell’affrontare la scarsa presenza di donne ai vertici delle organizzazioni politiche, economiche e sociali, affermando come valore universale il principio delle pari opportunità tra i generi e della non discriminazione delle donne in ogni settore della vita pubblica e privata, in particolare in dodici aree di crisi che vengono riassunte in un Piano d’Azione.
La situazione in Italia negli ultimi dieci anni
Veniamo a un tema noto nel nostro Paese: le quote rosa, con il rischio di porre forzatamente le donne sotto un’ennesima teca, come se non fossero in grado di emanciparsi da sole se solo il mondo del lavoro funzionasse in modo simmetrico. Ben vengano leggi come la Golfo-Mosca se necessarie a far acquisire all’interno della cultura della nostra società l'”abitudine” a qualcosa che crea sorpresa e non dovrebbe – come una donna Consigliere di Amministrazione di un’impresa quotata -, ma poi fermiamoci, per favore.
La discriminazione e la segregazione professionale sono dietro l’angolo anche per il genere maschile, quando si parla di professioni tradizionalmente svolte da donne, e per tutte le altre minoranze.
Nella nostra società è quindi semplicemente arrivato il momento che questo soffitto di cristallo vada in frantumi per tutti i lavoratori, che hanno il diritto di essere valutati sulla base delle competenze hard e soft, capacità potenziali ed esperienze, al di là di fattori estranei a quanto appena citato.
di Ylenia Esther Yashar
(da CSRoggi Magazine, anno 5, n.2/3, Maggio/Giugno 2020, pag. 37)