Il punto del Direttore
Si dice sempre così quando le cose che si devono cambiare non si riesce a cambiarle.
In fondo è questa la conclusione di Ferruccio de Bortoli nel suo editoriale su Economia, Supplemento del Corriere della Sera, del 5 Settembre scorso.
Basta fare un rapido riassunto.
Parliamo della questione climatica: sono anni, davvero tanti, in cui se ne parla a tutti i livelli.
Sono necessarie leggi, è indispensabile coinvolgere le parti sociali, il territorio non si può dimenticare. Tutti gli stakeholder si sentono impegnati. Poi accade che attraverso una veloce osservazione si nota come esiste una insensibilità enorme tra i cittadini su questo tema, anche se a livello di volontariato civile sono molti coloro che sono impegnati.
Ci si scontra poi con le individualità: alcuni si sentono in diritto di costruire e fare da sé la propria casetta, magari abusiva. Altri più semplicemente si disinteressano del problema. Chi ha a cuore il risparmio idrico, la cura degli argini dei torrenti, piuttosto delle attrezzature da usare in casa per stare bene? Non sono tutti i cittadini.
Infine ci sono fabbriche che hanno sentito parlare di Sostenibilità e che hanno deciso di darsi una verniciata di attenzione sociale o di dotarsi di un bilancio sociale un po’ farlocco per” farla franca” e spacciarsi per moderni.
La sintesi che si fa è sempre quella, su ogni tematica operativa e sociale: ci sono tentativi meritevoli, ma c’è molto da fare perché gli argomenti non sono giunti nemmeno nell’anticamera del cervello. Si dice per giustificare un andazzo negativo: “E’ un problema culturale. Occorre che la gente si informi.”
Un dato interessante è che solo uno 0.85 della popolazione italiana si sente impegnata sui temi della sostenibilità; al confronto le imprese medio grandi quotano un 38%.
Oggi il centro di molti problemi è il risparmio energetico.
Qui i consigli ci giungono da tanti.
Riferiti al tempo del riscaldamento, all’uso degli elettrodomestici, all’illuminazione delle città, alla temperatura in casa, al sud e al nord, all’uso dell’acqua persino a come fare la barba e quali lampadine utilizzare.
Si sentono le interviste televisive e alcuni si sentono attrezzati al cambiamento altri un po’ meno. Alcuni molto perentoriamente dicono che non desiderano affatto mutare il proprio stile di vita:
“se ho freddo alzo i termosifoni fino a che ne ho bisogno”.
Ci sono sempre i ben intenzionati: quelli che promettono: “da domani mi impegno a risparmiare acqua, a fare il bucato a macchina piena di notte, e ad usare le lampadine led”!
Poi la vita di casa cambia la prospettiva. Si fatica a darsi delle regole. O meglio si danno le regole, ma non si rispettano.
Così qualche solone cita i cittadini di altri paesi che sono i più sensibili a questi temi.
La conclusione è quella : “E’ un problema culturale”
De Bortoli evoca la VIRTU’
“Secondo l’ente presieduto da Gilberto Dialuce ( L’ENEA n.d.r.) senza una grande fatica (un grado in meno e un’ora in meno di riscaldamento al giorno e 15 giorni in meno all’anno) una media famiglia italiana potrebbe ridurre il proprio esborso di 180/200 euro l’anno. Si risparmierebbero 2,7 miliardi di metri cubi di gas. L’obiettivo del Governo e raggiungere un risparmio di 3-6 miliardi l’anno”.
Come si vede da questo piccolo esempio posto da Ferruccio de Bortoli siamo molto vicini con poco a raggiungere grandi obiettivi.
L’impennata dei prezzi energetici infine fa i conti con un sistema di regolazione che è basato su mercato spot olandese del gas che per anni è stato inteso come equilibratore dei contratti di fornitura a più lunga scadenza che però incorporavano il costo relativo alla sicurezza.
Va pensata a una forma nuova per stabilizzare i prezzi.
Alla fine la responsabilità di gestione finale giunge al cittadino virtuoso, menefreghista o furbetto.
Qui si pone una questione culturale.
Come lo è sempre stato per ogni cambiamento.
Ed è qui che i tentativi si fermano. Non bastano le Regole. I cultori delle Regole oggi si sprecano in campagna elettorale. Più si avvicina la scadenza elettorale meno si parlerà di regole, ma solo di diritti, individuali e collettivi. L’io. La persona. La famiglia. Ecc.
Dopo saranno evocate le Regole cui obbedire – piace alla politica farlo – e non accadrà nulla, perché una legge non genera cultura, ma impone cambiamenti sociali di comportamento.
Ricordo il periodo COVID e il Premier Conte con Speranza regole, regole, che non si fermavano. …la crescita dei casi… Un periodo da ricordare!
Ricordare però è importante. Occorre fare memoria di un passato che si invoca per dire che era meglio come eravamo: perché è solo questione di cultura. Si ricorda quando esisteva un nesso tra cultura e vivere sociale. Quando il significato del vivere di giovani e vecchi, del territorio era comprensibile, e la ragione la faceva da padrone. I legami avevano senso ed era più facile sacrificarsi insieme.
Bruno Calchera
Direttore Responsabile