Il punto del Direttore
La vita di ciascuno continua come al solito.
Ho difficoltà però a scrivere sul tema dello sviluppo sostenibile senza pensare e vedere cosa accade attorno a me, cosa c’è di mezzo, quale è il punto esistenzialmente più importante ora: guerra e pace? Sembra che la vita debba mutare radicalmente quando i venti guerra si avvicinano e soffiano dentro l’esperienza di ogni giorno.
Dobbiamo affermarlo in modo diretto e compiuto: qualcosa è cambiato radicalmente nel mondo. E’ inutile trincerarci dentro i confini del proprio stato, del proprio abitare, del proprio vivere quotidiano: c’è qualcosa che è diverso da prima. Anche il processo di innovazione dettato dalla Agenda 2030, dalle COP, subisce una serie di contraccolpi, che è difficile immaginare dove ci porteranno.
Solo tre anni fa l’Agenda 2030 dettava molti comportamenti virtuosi, oggi che senso ha porla come traguardo principale? Vale solo in certi posti?
La guerra è entrata nella nostra vita, nel nostro immaginario, nel pensare al futuro, nel programmare, nel tessere relazioni, nell’immaginare innovazioni planetarie e particolari, etc. …
La divisione tra persone è entrata nella quotidianità in modo decisamente prorompente. La politica ne è esempio quotidiano!
Verrebbe da riproporre la frase del Salmo 8: “che cosa è l’uomo perché te ne curi?”
Se Dio non c’è, che uomo è rimasto? L’uomo usando la sola sua ragione è capace di costruire pacificamente e stabilmente fatti aggreganti per tutti? Vediamo scontri ideologici con il moltiplicarsi delle ideologie e degli interessi particolari.
In cosa deve sperare l’uomo? Deve solo badare ai fatti suoi, dimenticando dove vive e la stessa vita del pianeta?
La verità è che la guerra è vicina alle nostre porte di casa.
La guerra è entrata in casa dividendo spesso le persone che ci vivono, mettendo gli uni contro gli altri. La conflittualità è tale che ogni fatto genera una posizione di contrasto.
Le vie si riempiono di partigiani di ideologie, di posizioni politiche e culturali sempre in lotta; anche le TV sottolineano i contrasti: anzi la programmazione tende a mettere a confronto posizioni in perenne dialettica, senza una via d’uscita.
Eppure i protagonisti della possibilità di capirsi e vivere insieme ci sono. Il Papa ad esempio, ma ve ne sono altri. Essi non sono ascoltati. Le loro parole cadono davanti alla fiamma ideologica dell’abbattimento dell’avversario ben identificato.
Eppure la morte non è l’ultima parola sulla vita. Non esistono questioni che il dialogo tra uomini non possa risolvere.
Ci è giunto dal Papa un suggerimento: di fare silenzio il prossimo 17 Ottobre. Sacrificando anche il nostro cibo personale, per fare memoria del dramma, del male, dei conflitti e dei relativi morti.
Guardare la realtà e fermarsi.
Vedere l’avversario che la nostra ragione ha identificato nella politica, nella guerra, nelle tensioni interpersonali, per cercare di fermare il nostro pensiero teso al suo annientamento: ecco un utile esercizio.
Cambiare la vita e rendere il pianeta sostenibile è il compito culturale che ci siamo dati noi di CSROGGI, ma non basta più. Il pianeta è di tutti e il vincolo della pace ne è la base. L’ONU era stato pensato per questo e così deve ritornare: luogo di relazioni per evitare le guerre.
I morti non chiedono vendetta, come accadde per i Santi nell’Impero romano: essi testimoniano che la ragione della vita è altro, e che nemmeno la morte potrà estirpare il senso della vita, che è tutto votato a riconoscere il cuore dell’uomo, anche di quello con idee diverse, per un cammino comune, per quanto è possibile, dentro un grande amore per la diversità.
Bruno Calchera
Direttore CSROGGI