Venerdì, mentre i giovani dei Fridays for Future tornavano in piazza a chiedere più azione e giustizia climatica, gran parte del Centro-Nord misurava 20-23 °C, come fosse inizio maggio.
La segnalazione del caldo anomalo e della siccità sul Fatto quotidiano è del meteorologo Luca Mercalli che parla anche della situazione in Antartide, dove la temperatura è salita di 38 gradi centigradi rispetto alle medie stagionali, record mondiale di anomalia termica. Parliamo sempre di temperature polari, -11° invece che -49°, ma le conseguenze sullo scioglimento dei ghiacciai potrebbero essere dirompenti, accelerando l’innalzamento del livello dei mari.
Mentre il mondo guarda alla guerra in Ucraina, col suo bagaglio di sofferenze, speranze e dichiarazioni contraddittorie, il Pianeta continua a riscaldarsi con sintomi che fanno pensare a una accelerazione del fenomeno. Nei prossimi giorni l’Ipcc diffonderà il suo rapporto aggiornato sulle politiche di mitigazione; con il precedente documento sull’adattamento, diffuso da poche settimane, ci darà un quadro preciso, condiviso da centinaia di scienziati, di quello che si deve fare per fronteggiare la crisi climatica. Ma la domanda ricorrente, in tanti dibattiti di questi giorni, riguarda il rapporto tra guerra e sostenibilità. Siamo ancora in grado di impegnarci su un percorso di sviluppo sostenibile, nonostante i contrasti tra le nazioni e le tendenze al riarmo? Le nuove priorità legate alla sicurezza, lo sconvolgimento dei canali del commercio internazionale, a cominciare dagli alimentari, rendono inattuale l’Agenda 2030? I suoi obiettivi quantitativi sono ancora raggiungibili entro la fine del decennio?
di Donato Speroni