Più che un articolo, questo è probabilmente un racconto. Il racconto di una giornata vissuta a Gravina in Puglia per celebrare una protagonista dal nome sbarazzino ma dalla storia antica, anzi, preistorica, anzi ancora di più, che risale all’origine di tutto, all’inizio della vita stessa, per come la intendiamo noi terrestri. Stiamo parlando dell’alga Spirulina, una presenza costante nella storia del nostro pianeta. Si dice che sia uguale in tutto e per tutto a come era miliardi di anni fa. Sì, miliardi. Qualcuno sostiene anche che se c’è la vita, sul pianeta terra, è grazie anche e forse esclusivamente alla capacità di questa microalga di “trasformare” la CO2 in ossigeno.

E dai che ti dai, tutto questo ossigeno prodotto è servito alla vita che stava per sorgere, non ci siamo dimenticati che stiamo parlando di miliardi di anni fa, vero? Quello che si sa con certezza, oggi, è che la spirulina vive e si riproduce in acqua dolce ed è diffusa naturalmente in buona parte del mondo, dal Sud America all’Africa, dall’India agli Stati Uniti, dalla Cina alla Thailandia. E da un po’ di tempo anche in Italia. Viene chiamata da sempre “Cibo degli Dei” e c’è chi – come ad esempio la FAO – già da tempo la definisce “Cibo del futuro”.

La spirulina a Gravina di Puglia
Ma andiamo per gradi. Come ci è arrivata a Gravina in Puglia, la spirulina (che gli scienziati, tra l’altro, preferiscono chiamare Arthrospira platensis)? È una storia lunga, ma forse neanche troppo. La storia di due giovani – Raffaele Settanni e Danila Chiapperini – che hanno deciso di portare in Italia, nella loro terra, un’esperienza vissuta durante un progetto di cooperazione internazionale in un villaggio del Malawi. Lì la spirulina viene “mangiata” regolarmente. “Perché non portarla in Italia?” l’idea dei due, che decidono di fondare una start-up, che chiamano “ApuliaKundi”, che si occupi di produrre e trasformare in stick e confetti. quest’alga, riuscendo a vincere in poco tempo un bando della regione Puglia e tanti premi “bio” che attestano la validità della loro iniziativa.

Non dobbiamo immaginare quest’alga come se si tratti di una pianta. È una microalga, ma davvero micro, nel vero senso della parola. Impossibile vederla ad occhio nudo, quando è nell’acqua. L’unico effetto visivo è il colorito verdastro che quest’ultima tende ad assumere alla sua presenza. Per “raccoglierla” occorre filtrare l’acqua con speciali setacci, così che si depositi una sorta di fango verde di una certa consistenza. Quel fango che in seguito viene pressato e passato in macchinari – che in qualche modo ricordano, in grande, i tradizionali torchietti che vengono utilizzati per fare il ragù di carne – che lo trasformano in tanti lunghi vermiciattoli che vengono in seguito tagliati in porzioni lunghe circa due centimetri a loro volta disposte su grandi vassoi inseriti in un forno per l’essiccazione.

Un vero superfood
Il risultato è un alimento per certi versi unico, un vero superfood che può essere consumato in tanti modi. Contiene un sacco di sali minerali come ferro, magnesio, manganese, potassio, calcio, fosforo, zinco e selenio; la vitamina A e, in pratica, tutte le vitamine del gruppo B, le vitamine C, E, K, H, oltre all’acido folico e a quello pantotenico; pigmenti come la ficocianina, la zeaxantina, la luteina, il betacarotene e la clorofilla; acidi grassi essenziali come omega 3 e omega 6; ha un basso contenuto calorico ed è povero di colesterolo. E, come se non bastasse, è l’alimento vegetale che ha il più alto contenuto di proteine vegetali: 60-65%, tre volte le proteine della carne! Un ottimo integratore naturale, si dice, ideale sia per diete vegetariane sia per diete vegane. Consigliato a chi pratica sport, a chi soffre di carenze vitaminiche ed è in cerca di nuova energia per il proprio corpo. Non contiene iodio e non contiene glutine.

Un incontro fortunato
Tutto bene, tutto perfetto. Ma perché parlare di quest’alga e delle sue vicissitudini pugliesi sulle pagine di un giornale che si occupa di sostenibilità? Perché accade che un giorno i fondatori di ApuliaKundi incontrino i fratelli Andriani – Michele e Francesco – insieme al padre Felice fondatori e titolari dell’Andriani SpA, una tra le più importanti realtà del settore innovation food, con una produzione dedicata interamente alla pasta senza glutine, ottenuta utilizzando ingredienti rigorosamente gluten-free come riso integrale, grano saraceno, avena, lenticchie, ceci, piselli e altri.
La Andriani ha la sua sede in Puglia, guarda caso a Gravina in Puglia. Se vi capita di andarci, resterete stupefatti. Gravina è bellissima, il suo centro storico è un gioiello da visitare, tanto bello che anche… James Bond ne è rimasto affascinato: il 25esimo film della serie dedicata all’agente segreto britannico, dal titolo “No Time no die”, si apre con una scena spettacolare girata nell’area del Ponte acquedotto, monumento che non manca mai nelle più belle foto panoramiche che ritraggono il paese dell’Alta Murgia.
Il paese è bello, sì, ma la sua area industriale non è per niente diversa da tutte le aree industriali del mondo: capannoni, piazzali asfaltati con erbacce, cancelli e facciate scrostati dal passare del tempo. Ma ecco, tra un allevamento di bestiame e un’azienda meccanica, comparire come per incanto una palazzina che sembra essere appena stata trasportata direttamente dalla Svizzera.

Sostenibilità da tutti i pori
Si capisce subito che tutto, in quella sede, è improntato alla sostenibilità. Lo si capisce ancora prima di varcarne il cancello, grazie alle colonnine cui sono collegate due auto elettriche sotto carica. Quando ci si incammina nel vialetto che conduce all’entrata lo Smart Building di Andriani ti appare in tutto il suo splendore. E quando varchi la soglia capisci perché questo progetto ha ottenuto a inizio 2021 il secondo gradino più alto del podio del premio internazionale HDL Awards, con la motivazione “Esempio italiano di eccellenza nell’edilizia direzionale d’avanguardia”. Qui si trasuda sostenibilità da tutti i pori, partendo dal sistema HDL Automation con cui vengono ottimizzati il risparmio energetico e il controllo ambientale dell’intero Building, “perfettamente in linea con la missione aziendale orientata a un’economia sostenibile e circolare”.
L’attenzione al benessere dei dipendenti è totale, basata sui concetti di flessibilità e liquidità e sul ripensamento della suddivisione degli spazi secondo la logica “Felicità sul lavoro, pensiero positivo”, tale da agevolare il libero flusso di pensiero e la collaborazione. I dipendenti, in pratica, possono scegliere liberamente dove, come e con chi lavorare, in base agli obiettivi da raggiungere. Il sistema della scrivania fissa, qui, è del tutto superato, come sottolinea lo stesso Michele Andriani: «Il numero delle scrivanie è volutamente inferiore a quello dei dipendenti, che sono quindi invogliati a vivere l’intero palazzo e le parti esterne come un unico, grande e comodo luogo di lavoro da fruire in tutta la sua intierezza». L’illuminazione varia la sua intensità in base al ciclo circandiano, si spegne quando negli ambienti non ci sono persone; i sistemi oscuranti, sulle ampie finestre, sono motorizzati con comando indicizzato alla termoregolamentazione…

Una visione comune
Qui si rischia di perdere il filo del discorso, e invece dobbiamo tornare alla protagonista della nostra storia, la Spirulina. Come detto Andriani e ApuliaKundi si incontrano e hanno un’idea per certi versi rivoluzionaria: «Perché non creare una gamma di pasta alla spirulina?» preparata, oltre tutto, con l’alga prodotta direttamente all’interno dello spazio industriale di Andriani?
Detto, fatto. Nel piazzale antistante la parte riservata alla produzione della pasta Andriani, viene predisposta una grande serra con vasconi pieni d’acqua in cui coltivare l’alga. Un’acqua, si badi bene, che è quella utilizzata per la produzione della pasta nello stabilimento che è lì di fianco, ovviamente recuperata, depurata e resa utile alla bisogna. Se non è economia circolare questa… È tutto molto semplice, all’apparenza, nei vasconi sotto la serra ci sono solo delle grandi pale che permettono all’acqua di essere sempre in movimento. Ogni giorno l’acqua viene “passata al setaccio” e si raccoglie la fanghiglia che, come detto prima, dopo vari passaggi diventerà pasta. Per ora spaghetti ma, quasi sicuramente, presto anche altri tipi di pasta. Un accordo, quello costruito dalle due realtà pugliesi, che ha ovviamente una base commerciale, ma che è strutturato su una visione comune rispetto a un concetto di sviluppo ecosostenibile per- seguito attraverso azioni di studio e ricerca, collaborazione con enti e università, reti di collaborazione a livello locale e globale. Un’unità di intenti che viene condivisa con i produttori e i distributori e con tutte le realtà che in qualche modo sono coinvolte nel progetto.

Parola d’ordine: “emozione”
Si fa presto a dire “Io metto la Spirulina, tu i macchinari per fare la pasta”, detto così sembra tutto molto semplice. Ma dietro a un prodotto nuovo, rivoluzionario come questo, si celano lunghi mesi di ricerca, di applicazione, di tentativi volti a rendere l’alimento più gradevole e consumabile possibile. E c’è anche tanto amore. Questa cosa – a costo di uscire una volta di più dal discorso generale – bisogna dirla. Quando i protagonisti di questa storia parlano dell’alga Spirulina lo fanno con grande rispetto, quasi con la voce tremante. La consapevolezza di trovarsi di fronte a un organismo sopravvissuto alle ere più antiche, che viene da un passato per noi inimmaginabile, rende quest’alga un’entità che merita il più grande rispetto.
Quando, in questa giornata speciale che ha fornito l’occasione centrale del nostro racconto, è stato tagliato il nastro del “Parco della Spirulina” e tutti i convenuti sono stati invitati a entrare nella grande serra con i vasconi, ho avvertito la stessa emozione e sensazione provata leggendo “Il grande ritratto”, forse il romanzo meno conosciuto di Dino Buzzati. Sarebbe troppo lungo spiegare perché e per come, meglio leggere direttamente questo “racconto lungo” per capire quali possano essere le assonanze (poi comunque Buzzati vale sempre la pena di essere letto…). La parola “emozione” è ricorsa spesso in questa giornata, a riprova che industria, commercio e sensibilità possono andare a braccetto, quando lo vogliono.

La sostenibilità conviene?
Ai fratelli Andriani abbiamo chiesto: «La vostra è un’azienda modello, che fa della sostenibilità il proprio stile di vita. Ma alla fine, conviene votarsi a questo modo di affrontare le cose?». La risposta può apparire scontata, ma non lo è: «Questa è l’unica idea che abbiamo di fare impresa: non riusciremmo a farla sapendo che stiamo creando un impatto negativo sull’ambiente, sulla società e sulle altre persone. Se la guardiamo invece dal punto di vista economico, la domanda giusta potrebbe essere un’altra: “Quanto costerebbe non farlo?”. È giunto il momento per tutti di pensare al “dopo”: per noi sostenibilità è sinonimo di “durabilità”, e si traduce nel saper guardare non al breve, ma al medio-lungo termine».

di Luca Palestra

(da CSRoggi Magazine, anno 6, n.4, Settembre/Ottobre 2021, pag. 66)

Francesco Andriani, Danila Chiapperini, Raffaele Settanni, Michele Andriani

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